Approfondiamo in questa video-intervista con Simone Corelli -rerecording sound mixer per cinema e televisione, nonchè insegnante presso il CESMA di Lugano- cos’è il Dolby Atmos, il potenziale del mix a oggetti, differenze tra cinema e Home Video e molto altro…
Puoi descriverci brevemente cos’è il Dolby Atmos?
Dolby Atmos è un sistema sonoro che offre una base 7.1 canali (il cosiddetto “core“, composto da 3 canali frontali, due canali surround laterali e due canali surround posteriori + subwoofer) e in più due canali o due file di canali se la sala d’ascolto è ampia, una a sinistra in alto e una a destra in alto. Per questo la codifica viene chiamata 7.1.2: 7.1 per il piano orizzontale, .2 per il piano verticale.
Questa però è solo la base del Dolby Atmos: oltre a questo, se il fonico di mix lo vuole fare o ritiene utile, può aggiungere su questa base che si chiama “bed” (il “letto”) fino a 118 elementi sonori monofonici (o stereofonici se accoppiati) che possono muoversi su tutte le casse in maniera completamente libera. Se per esempio in un cinema abbiamo fino a 64 casse, con 10 casse per il surround laterale che fanno tutto il giro della sala, questi oggetti sonori possono muoversi passando attraverso le singole casse in modo indipendente e questo dà la possibilità di aggiungere al 7.1.2 degli elementi estremamente focalizzabili, anche sopra la zona d’ascolto (come il passaggio di un elicottero, che può usare tutte le casse a disposizione sopra gli spettatori).
Ovviamente è stato uno sforzo notevole per la Dolby anche per riuscire a infilarlo nel supporto Blu-ray e Blu-ray Ultra HD, ma lo sforzo più grande viene fatto dai fonici di mix e dai sound designer, che devono sfruttare queste potenzialità tecniche in maniera intelligente e non distraente o banale… e questa è una sfida molto complicata.
Che livello di complessità comporta quindi realizzare un mix Dolby Atmos?
La complessità è notevole ma porta con sé molte opportunità creative. Ne abbiamo parlato l’anno scorso alla Casa del Cinema di Roma anche con i montatori, in occasione di un convegno che capitava proprio il giorno del venticinquesimo anniversario del Dolby Digital, perché è un fatto che chiede la collaborazione del montaggio scena. È chiaro che se io so che degli elementi sonori fuori campo mi stanno a destra piuttosto che a sinistra, quando io monto una sequenza, i continui stacchi di montaggio creano un problema di ping pong noioso o distraente per lo spettatore (come fu per il battesimo del cinemascope con “la tunica“).
Tra l’altro l’atteggiamento ingenuo di avere il punto d’ascolto esattamente coincidente col punto di visione, crea dei problemi con il montaggio e non è l’atteggiamento giusto. In realtà le nostre orecchie e il nostro sistema percettivo da una parte chiedono una corrispondenza, dall’altra parte chiedono la chiarezza del dialogo come se ci fossero le orecchie piazzate sempre nel punto più intelligente per ascoltare quello che dicono gli attori.
Ci sono varie tensioni da bilanciare insomma e per ottenere coerenza serve non solo la collaborazione del montaggio scena, ma addirittura di chi ha scritto il film e lo ha girato, perché sapendo che ci sono certe problematiche, ma anche grandi potenzialità soprattutto sulla verticalità, a quel punto giri il film in un’altra maniera. Sapendo che hai queste possibilità le sfrutti anche con i movimenti di macchina, solo che ci vorrebbe il sound designer presente ancora prima di girare sul set, nei momenti di pianificazione delle riprese.
Per il mix Atmos di “Non aprite Quella Porta” (da un originale mono) ci è voluta una settimana di lavoro, invece realizzare un Atmos per il cinema, quanto tempo porta via?
In Italia purtroppo non abbiamo realizzato quasi nulla, i produttori sono del parere che, nella tipologia di film italiano media, sia uno strumento spettacolare non particolarmente utile. Io mi sento di dare torto a questo giudizio perché anche solo limitandosi alla musica, che è un elemento presente nel 90% dei film italiani, si possono fare delle cose che dal punto di vista dell’ ascolto da parte dello spettatore sono meravigliose.
Già solo poter registrare l’orchestra con 5 microfoni frontali (quindi 3 retro schermo e due laterali appena fuori dallo schermo per allargare l’orchestra) ti da una sensazione di respiro e tridimensionalità sonora meravigliosa, e fin qui si tratta quasi di una banalità. Se poi catturiamo la riverberazione dell’auditorium con 4, 5 o 6 microfoni che poi andiamo a “spalmare” sui surround e aggiungiamo altri trucchi, si possono ottenere risultati straordinari. Anche da parte del compositore, che può ad esempio distribuire le voci di un coro a semicerchio attorno a noi, tornando a degli esperimenti di spazializzazione della musica che si facevano anche nel ‘500, per esempio a San Marco a Venezia con i cori spezzati.
Questo solo per la musica, ma in Italia abbiamo dei rumoristi meravigliosi che non vedono l’ora di dare a noi fonici di mix per esempio degli ambienti in ambisonics che possiamo spalmare sul Dolby Atmos, per avere un’ ambientazione anche apparentemente normale (immaginiamo l’esterno in un giardino o anche il traffico cittadino, che normalmente percepiremmo come fastidioso) che con il realismo e la spazialità dell’audio Atmos diventa entusiasmante.
Per quanto riguarda i dialoghi, anche se fossero registrati in modo tradizionale con il boom e i radiomicrofoni, quell’ elemento mono lo puoi spazializzare di più che con un 5.1, anche solo metterci il riverbero in 7.1.2 è una marcia in più. Ci sono poi dei riverberatori a 24 canali pensati per l’Atmos di costo abbordabile che possono essere sfruttati. Tutto questo nell’insieme darebbe una bella marcia in più anche in situazioni da film tradizionale e tranquillo, come una commedia con due seduti al tavolino che parlano.
E quanto costa questo processo in termini di tempo e budget?
Bisogna dare un po’ più di tempo ai fonici che registrano la musica, un po’ più di tempo e di budget anche ai rumoristi e la stessa cosa per il mix. Possiamo valutare a occhio e croce un incremento di costi almeno del 20%. Non una cosa così tragica per avere un risultato che invece ha un incremento di qualità sonora del 200%.
Con il Dolby Atmos è inoltre garantito che il mix sia stato realizzato in una sala certificata e che la sala dove si ascolterà il film è certificata Atmos. Questo garantisce al regista che lo spettatore otterrà pressoché la stessa resa voluta da lui e dai tecnici in fase creativa, cosa che con una traccia audio “normale” non avviene più dai tempi della proiezione in pellicola, quando Dolby le certificava.
“L’Atmos sta prendendo velocità più grazie all’home theater che agli esercenti cinematografici.” – Simone Corelli
C’è un film in Dolby Atmos che ti è piaciuto particolarmente e ti ha colpito per la resa sonora?
Uno che ricordo come eccellente dal punto di vista sonoro è Vita di Pi. Non ho avuto il piacere di lavorare all’edizione italiana, però la colonna musica/effetti è pazzesca, si percepisce proprio l’uso di buon gusto e un’attenzione al particolare ammirevole! Mentre ho visto al cinema Arcadia di Melzo in sala Energia Dunkirk e, anche se ammiro molto Christopher Nolan, mi ha deluso abbastanza. Queste note basse che durano decine di minuti secondo me stancano e affaticano il sistema uditivo in maniera un po’ esagerata, non mi ha proprio convinto.
Cosa ne pensi della mancanza del Dolby Atmos sui prodotti home video italiani delle major? (intervista realizzata prima dell’annuncio di Animali Fantastici – I Crimini di Grindelwald in Atmos ndr)
Sono sicuro che è solo una questione di pazienza come tempi, però il mercato home chiede che ci sia un’attenzione sulla qualità perché la gente investe. Diciamo che ci vogliono grossomodo 15000€ per avere un ottimo impianto audiovisivo in casa, certamente con 1000 € non ne fai uno buono, per una cosa fatta bene devi spendere cifre tra 10.000 e 20.000 €. Se uno spende una cifra del genere non può tollerare che i suoi film preferiti arrivino in un misero 5.1, a quel punto è normale che comprino il prodotto all’estero e lo guardino in inglese coi sottotitoli. Questo è un vero peccato.
Sono però ottimista in quanto i grandi, come fa Apple con iTunes, stanno aggiornando gratuitamente al 4K e al Dolby Atmos ove disponibile anche prodotti acquistati anni fa dagli utenti. Ci vuole solo un po’ di pazienza, è anche una questione di adattamento tecnologico negli studi e credo al massimo nel giro di un paio d’anni dovremmo essere al pari.
C’è molta differenza qualitativamente tra un Atmos “casalingo” e uno cinematografico?
Non è enorme, perché anche se gli spazi casalinghi e il numero di casse hanno una “definizione spaziale” un pochino inferiore, non c’è bisogno di avere 64 casse per coprire bene tutto il pubblico e soprattutto non c’è la problematica del pubblico sparpagliato in tutta la sala cinema che deve godere in maniera buona anche se stai seduto, non dico in prima fila, ma quasi. In casa invece si può ottimizzare un pochino l’effetto sonoro per la zona centrale dove mettere il divano con le quattro persone classiche della famiglia.
Utilizzare diffusori che sfruttano la riflessione ambientale invece di diffusori collocati ad hoc sul soffitto, incide molto sulla resa del Dolby Atmos?
No perché comunque la tecnica della riflessione l’ho sentita e funziona abbastanza bene. Gli elementi sonori che provengono dall’alto di solito poi non sono tantissimi. Io ho trovato che il grosso del miglioramento è nel passaggio dal 5.1 al 7.1. Il fatto di avere suoni da dietro e laterali ti da una marcia in più veramente notevole. Del “sopra” quasi te ne accorgi meno, dev’essere proprio il film che sfrutta in modo particolare questa cosa, perché mediamente è difficile avere un film con molte sorgenti sonore che provengono dall’alto.
E l’Atmos in cuffia?
Non ho ancora avuto il piacere di provarlo. Dolby ha presentato alcune settimane fa una cuffia nuova particolare -ottima ma anche costosa- che contiene una tecnologia di decodifica per l’audio binaurale. Finora queste tecnologie di ascolto in cuffia simulato non mi hanno dato un grande risultato per quanto riguarda il fronte, mentre per il surround e il dietro funzionano molto bene. Il fronte e soprattutto il centrale te lo senti sempre un po’ dentro la testa e non hai la sensazione che venga da fuori. Però è vero che l’ascolto in cuffia andrebbe un po’ stimolato.
Una cuffia come la <a target=”_blank” href=”https://www.amazon.it/gp/product/B00HVLUR86/ref=as_li_tl?ie=UTF8&camp=3414&creative=21718&creativeASIN=B00HVLUR86&linkCode=as2&tag=ad04f-21&linkId=32b4de1db08598e0a2588f6c6d110fce”>Audio Technica Pro ATH-M50X</a><img src=”//ir-it.amazon-adsystem.com/e/ir?t=ad04f-21&l=am2&o=29&a=B00HVLUR86″ width=”1″ height=”1″ border=”0″ alt=”” style=”border:none !important; margin:0px !important;” />, che costa quando la scontano su Amazon tra 120 e 150 €, ha una qualità dal punto di vista della timbrica e della dinamica equivalente a un sistema audio casalingo da 3000/4000€ se non di più. Dato che viaggiamo sempre con lo Smartphone appresso, cuffie e auricolari anche di qualità sono sempre più diffusi e la gente ascolta sempre di più in questo modo molti contenuti e quindi non è un formato trascurabile.
Andrebbe realizzato un mix apposito parallelo per l’ascolto binaurale, però ha un costo troppo alto a livello produttivo, per cui ben vengano queste soluzioni automatiche. Speriamo solo che scendano un po’ di prezzo, d’altra parte i chipset devono essere molto potenti per fare queste operazioni di decodifica e di trasformazione per cui adesso costano tanto, ma dovrebbero calare, sono ottimista anche su questo!
Intervista a cura di Pietro Battanta & Claudio Pofi, realizzata presso CESMA – Lugano.
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