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Warner Digital Day: a che punto è il video on demand in Italia?

warner digital day video on demand

Si è tenuto venerdì 9 marzo il Warner Bros. Digital Day, evento organizzato presso gli spazi di Casa Lago a Milano con la collaborazione delle principali piattaforme Video On Demand (VOD) operanti in Italia

Dalle locali Sky Prima Fila, Premium Play, Infinity, TIMvision e Chili, alle globali Itunes, Microsoft, Google Play, Playstation Store e Rakuten TV.

I “player” del video on demand c’erano quasi tutti (non da poco però l’assenza di Netflix e Amazon) e non stupisce che a riunire questi celebri brand sotto lo stesso tetto sia stata proprio la Warner Bros Entertainment Italia, azienda detentrice di numerosi primati legati all’esplorazione delle frontiere della Virtual Reality e supportata dal più ampio catalogo italiano di lungometraggi in 4K. Una realtà per cui l’On Demand rappresenta da sempre un’area di assoluto interesse.

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Come illustrato dal Senior Vice Presidente Group Marketing Barbara Pavone, infatti, il bacino di consumatori digital si attesta oggi attorno ai due milioni e mezzo di utenti nel Bel Paese, una fetta di pubblico in continua crescita e decisamente troppo invitante per essere ignorata da un’azienda già leader del mercato fisico e divenuta in breve tempo capofila di quello digitale.


Numeri crescenti in un mercato dove produzioni e pubblico si influenzano a vicenda. Costi ridotti, praticità e cataloghi in continuo aggiornamento: così la pirateria perde il suo appeal.

Orientato alla formazione di nuovi ambassador, l’evento si è affidato a una terminologia semplice ed efficace, senza rivelare spunti marcatamente originali ma centrando il proprio obiettivo di alfabetizzazione digitale e facendo il punto sullo stato dell’arte del settore.

Nicola Vitiello – voce di Radio Deejay -, Salvatore Aranzulla – fondatore di aranzulla.it – e Antonio “Itomi” MoroLega Nerd – hanno, infatti, dibattuto orizzontalmente attorno a un mercato capace di influenzare il prodotto a cominciare dalle sue modalità di fruizione.

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Smartphone, personalizzazione e Serie Tv

Fanalino di coda per quanto concerne le connessioni fisse – solo il 53% del territorio nazionale ha libero accesso all’internet veloce -, l’Italia appare invece in vetta alle classifiche europee relativamente a rete mobile, riuscendo a garantire pressoché ovunque un traffico dati in movimento decisamente performante.

Una simile “geografia connettiva”, come immaginabile, si ripercuote sui metodi di accesso alle piattaforme VOD, oggi frequentatissime da smartphone e tablet, e di conseguenza su prodotti concepiti per soddisfare le esigenze di un pubblico più che mai volatile, svincolato dai limiti temporali e spaziali imposti dai consueti metodi di fruizione: cinema e televisione su tutti.

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L’offerta è così sempre più consumer-centrica, sia per tematiche che per scelte espressive ma anche e soprattutto per struttura. E se per gli articoli visionati previo download la risoluzione offerta è sempre la massima a disposizione – spesso allineata al 1080p del Blu-ray per quanto riguarda il video e al Dolby Digital 5.1 nel reparto audio – per quanto riguarda la messa in onda in streaming, invece, tutte le piattaforme tendono oggi a eliminare sconvenienti interruzioni privilegiando, invece, sistemi progressivi capaci di adattarsi alla velocità e alla disponibilità di banda di ogni singola linea.

Una simile praticità d’uso combinata a metodi di pagamento e costi sempre più accessibili – si va da 1€ a 5€ per il noleggio e da 5€ a 11€ per l’acquisto delle ultime novità, ma anche i tariffari mensili restano decisamente competitivi –, ha presto fruttato un vero e proprio boom in un settore che ha innalzato vertiginosamente il proprio fatturato.

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Da qui la necessità-volontà delle piattaforme on demand di sfidare la concorrenza aggiornando costantemente i propri cataloghi utilizzando algoritmi di indicizzazione capaci di consigliare articoli congruenti al gusto e alle aspettative di ciascun spettatore. Nella crescente massa di contenuti, le serie tv la fanno da padrone: prodotti capaci di creare massa, seducendo il cliente offrendogli un’impressione di vastità e fidelizzandolo tramite la pratica del binge watching, consistente nel trangugiarsi un’intera stagione in maniera consequenziale, puntata dopo puntata.

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Abbonamenti mensili e titoli “freschi”: la sconfitta della pirateria?

Sono oltre settecento milioni tra film e serie tv i contenuti scaricati e visionati annualmente dagli italiani, che sembrano ancora prediligere gli abbonamenti fissi ai singoli acquisti transazionali.

Una mole impressionante di materiale digitale veicolato attraverso piattaforme ormai in grado di abbinare all’indubbia qualità audiovisiva anche tempi di rilascio sinora impensabili. E se le opere seriali vengono sempre più spesso prodotte dai distributori stessi, anche l’iter di pubblicazione dei lungometraggi passati in sala appare oggi più che mai appetibile.

Al termine di una finestra di circa tre mesi – centocinque giorni per l’esattezza – dall’approdo delle pellicole in sala, infatti, i titoli sono resi disponibili per l’acquisto o il noleggio digitale (modalità commerciale che anticipa notevolmente il supporto fisico), mentre vengono inclusi nei palinsesti di abbonamento mensile tra i diciotto e i ventiquattro mesi dal passaggio sul grande schermo.

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Accessibilità totale, semplicità d’uso, comodità nella fruizione e una quantità pressoché infinita di offerte e soluzioni capaci di venire incontro ai bisogni di qualsiasi portafoglio. Questi gli ingredienti ideali per sconfiggere – o quanto meno ridurre drasticamente – il fenomeno della pirateria, imperante sino a cinque anni fa ma in netta decrescita oggi, almeno stando a quanto dichiarato in questa sede.

Dai dati raccolti dalla società legata a Salvatore Aranzulla, con la diffusione delle piattaforme video on demand e il loro perfezionamento, le complesse e dispersive modalità di ricerca di canali illegali sono state accantonate da un pubblico che oggi digita keyword legate al mondo della pirateria online con una frequenza inferiore addirittura al 40% rispetto agli anni passati.

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I rischi connaturati a simili pratiche – virus e schermate inondate da banner pubblicitari – e le limitazioni di file spesso registrati in maniera del tutto amatoriale, sarebbero oggi vissute dal pubblico come un’inutile seccatura, facilmente eliminabile tramite una spesa infima o quanto meno giustificabile.

Ciò sta limitando enormemente un’ondata di pirateria che sino a pochi anni fa pareva del tutto fuori controllo, evidenziando nelle piattaforme di entertainment digitale una giusta via per combattere l’illegalità garantendo un riconoscimento economico ai film e alle serie che tanto apprezziamo.

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C’è tuttavia ancora molto da fare in questo senso, dato che secondo l’ultima indagine FAPAV relativa al 2016 vi è ancora un’incidenza complessiva della pirateria del 39% tra gli italiani dai 15 anni in su . Se La percentuale di film scaricati negli anni è scesa negli ultimi 6 anni, è aumentata vertiginosamente quella delle serie TV, con una stima complessiva di 686 milioni di euro di fatturato perso dall’industria audiovisiva, con ripercussioni molto negative sull’occupazione nel settore.

di Marco Colombo

 

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