Prima con il Blu-ray, ora con l’Ultra HD, la qualità delle tracce audio nei film tradotti in italiano è quella di vent’anni fa, quando c’era il DVD. Chi ci guadagna?
Il settore dell’home video, anche se di poco, ha invertito la rotta ed è tornato a crescere. Lo sostiene Univideo nel rapporto realizzato con GFK presentato nel marzo 2016. Ma la vera novità è che le vendite si stanno lentamente riprendendo nonostante le case cinematografiche si ostinino a propinare ai consumatori italiani prodotti che nella componente audio sono superati dal punto di vista tecnologico.
Già, perché Warner Home Video, Universal Pictures, 20th Century FOX, Walt Disney Company, Paramount Home Entertainment e Sony Pictures distribuiscono da sempre sul nostro mercato film tradotti le cui tracce audio non sono mai state all’altezza della qualità video. È stato così con i Blu-ray fin dalla loro introduzione sul mercato ed è così oggi con il nuovo formato 4K Ultra HD che bussa alle porte di molti appassionati.
Codifiche vecchie
La verità è che noi italiani abbiamo sempre comprato film che nella componente video erano in linea con le tecnologie hardware più attuali, ma che nella parte audio erano e sono codificati per sistemi di 20 anni fa.
Per risparmiare sulla produzione, gli strateghi del marketing delle suddette major cinematografiche contano evidentemente sul fatto che la maggior parte dell’utenza italiana sia convinta che la nuova tecnologia 4K risieda unicamente nella componente video. Eppure, fino a prova contraria, i consumatori italiani, ammesso che siano poco preparati dal punto di vista tecnologico come si vuol far credere, hanno la stessa dignità di quelli inglesi, francesi e tedeschi. Evidentemente ciò non vale per le major dell’home video.
Altro che Dolby Atmos e Dts:X, suono tridimensionale e meraviglie simili. Per godere degli effetti speciali sull’audio (fondamentali quanto quelli utilizzati per il video) noi italiani ci dobbiamo accontentare del DOLBY DIGITAL e del DTS Half Rate, codifiche che andavano bene nell’era del tubo catodico, per intenderci. Eppure i film localizzati nella nostra lingua costano, quando va bene, la stessa cifra. Oltre al danno anche la beffa, verrebbe da dire.
La petizione dei consumatori
Nemmeno l’accorata petizione Una migliore qualità per l’audio italiano delle edizioni Blu-ray Disc, lanciata nel febbraio del 2015 da un gruppo di appassionati di home cinema, ha sortito effetti. “Abbiamo chiesto a tutte le aziende del settore il motivo per cui gli italiani continuano ad essere penalizzati”, hanno spiegato Mario Boccardi e Giuseppe Alba, promotori della petizione. “Non ci consideriamo affatto appassionati di serie B e rivendichiamo pari dignità. Amiamo l’home theater allo stesso identico modo di chi sta in Germania o in Francia, e desideriamo poterlo apprezzare pienamente anche nel comparto audio”. Risultato? “A distanza di un anno e più nulla è cambiato, anzi!”, hanno detto i due promotori.
Home video: i paradossi della distribuzione
Certo, nel mare magnum delle edizioni e dei titoli, qualche eccezione “virtuosa” c’è stata. Sony Pictures, per esempio, ha proposto Blu-ray con tracce in italiano lossless, compresse ma senza perdita di qualità, allo stesso livello qualitativo (DTS HD Master Audio) delle corrispondenti tracce in inglese. Peccato che lo stesso titolo riproposto nel nuovo formato Ultra HD 4K contenesse le tracce previste per i vecchi film in DVD. E questo nonostante i nuovi dischi dispongano di uno spazio che va da 66 a 100 GByte contro i 50 GB del Blu-ray prima versione. Invece di andare avanti, nel nostro Paese, si torna indietro.
Economie di scala esasperate
Da sempre sentiamo l’industria ripetere lo stesso ritornello: “la localizzazione dei dischi per i diversi territori e per tutte le lingue europee costa cara . Oppure ancora: “lo spazio sui supporti fisici non consente di inserire tracce della medesima qualità per tutti”, e via di questo passo. Il repertorio delle giustificazioni, a nostro avviso facilmente smentibili, dietro le quali i produttori si nascondono è davvero sconfinato.
In virtù delle economie di scala sempre più esasperate, può così capitare di imbattersi in un unico Blu-ray che contiene 13 diverse tracce audio (francese, spagnolo, tedesco, italiano, ceco, magiaro, turco, polacco, arabo oltre a quella inglese, naturalmente, e ad altre tre non identificate) e scoprire che la lingua italiana patisce come al solito lo stesso trattamento di sempre: audio declassato. Alla faccia ovviamente di tutti i discorsi che l’industria ci ha fatto a proposito della qualità.
La domanda sorge spontanea: per quale motivo, alla luce di queste scelte incomprensibili, scelte che prima o poi le case cinematografiche dovranno spiegare, il consumatore italiano dovrebbe acquistare film nel nuovo formato UHD? Perché dovrebbe spendere migliaia di euro per rinnovare l’intero impianto home cinema, a partire dal televisore, passando attraverso il lettore di Blu-ray e il sintoamplificatore, se poi sul fronte audio ottiene un risultato assolutamente mediocre?
Bene inteso, le case cinematografiche non sono le uniche a prenderci per i fondelli. Indirettamente con il loro silenzio tutti i produttori e i distributori nazionali di elettroniche, di televisori e di lettori sono di fatto complici. Samsung, LG, Sony, Panasonic, Denon, Marantz, Yamaha, Onkyo, giusto per citare i più blasonati, sono seduti tutte alla stessa tavola delle major. Non pensano costoro che il mercato risponderebbe diversamente se i film distribuiti in Italia fossero di qualità pari a quella degli altri Paesi europei? Evidentemente a tutti fa gioco che il mercato italiano continui ad essere poco sviluppato sul versante dell’home video. Salvo poi piangersi addosso quando le vendite calano o non crescono come potrebbero.
Se si tratta di una scelta politica, perché non ci sono altre motivazioni accettabili, alla fine chi ci guadagna? Noi consumatori no di certo, l’industria dell’hardware neppure. E le major? Solo pochi spiccioli.
AF DIGITALE vigilerà come sempre su tutte le nuove uscite, comprese quelle in Ultra HD, segnalando in maniera netta tutte le situazioni nelle quali si dovesse evidenziare una diversità di trattamento per i consumatori italiani. Vi terremo aggiornati sulle iniziative che assumeremo in favore degli appassionati italiani di home video.
L’inchiesta continua:
Scandalo audio – Adattamento, doppiaggio e mix: making of di un sonoro italiano
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