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Tutto sul 4K nativo e non di PS4 Pro

playstation 4 pro

Cerchiamo di fare chiarezza su come PlayStation 4 Pro, grazie a due avanzate tecniche di rendering, sia in grado di non far rimpiangere il 4K nativo dei suoi giochi.

Abbiamo già recensito PlayStation 4 Pro, ma sembra esserci ancora un po’ di confusione su quello che questa console è davvero in grado di fare. Uno degli interrogativi più gettonati del momento è infatti se PS4 Pro permette di giocare con un vero 4K nativo o se invece compie un semplice upscaling a 4K dei giochi.

Volete una risposta semplice? Non possiamo darvela, visto che il discorso da fare è un po’ complesso e articolato. Se infatti alcuni giochi come Mantis Burn Racing e Skyrim Special Edition sono in 4K nativo, si tratta di una rarità.

La maggior parte dei titoli per PS4 Pro infatti viene (e verrà) proposta con una risoluzione nativa attorno o superiore ai 2K (per lo più a 2560×1440 pixel) poi upscalata dalla console a 3840×2160 pixel.


Ma ecco la sorpresa. La conversione in 4K di PS4 Pro è così intelligente e avanzata che è davvero difficile riscontrare una chiara differenza tra giochi in 4K nativo e 4K upscalato. Lo diciamo non invia teorica ma dopo aver visto confronti diretti e, se non avessimo avuto di fronte Mark Cerny di Sony a sottolineare le differenze, non ce ne saremmo minimamente accorti.

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Non un semplice upscaling

Se per caso avete giocato su un TV 4K a un titolo per PlayStation 4, questo viene upscalato automaticamente per portarne la risoluzione nativa a quella del pannello del televisore. Lo stesso discorso vale per un film in DVD o in Blu-ray, per un programma di Sky o per qualsiasi contenuto video non in 4K nativo che viene però visionato su un televisore Ultra HD.

Negli esempi appena citati è il TV che si occupa di upscalare il contenuto video, prendendo un’immagine composta da circa 2 milioni di pixel (nel caso di un contenuto in Full HD) e aggiungendo circa 6 milioni di altri pixel per raggiungere gli 8 milioni di pixel di un contenuto video in 4K.

Se avete una Xbox One S collegata a un TV 4K e scegliete come risoluzione di uscita 3840×2160 pixel, l’upscaling viene eseguito dalla console e, solitamente, i risultati sono migliori quando questo delicato procedimento viene effettuato da una console o da un lettore Blu-ray piuttosto che dal televisore. Se si parla però di PS4 Pro, si va leggermente oltre il classico upscaling.

Tanto per cominciare, tutti i giochi aggiornati o direttamente sviluppati per avvantaggiarsi della maggior potenza di calcolo di PS4 Pro (al momento sono 36) sono proposti a una risoluzione nativa maggiore di 1080p. E ciò essendoci già una base di partenza con più pixel, facilita il compito dell’upscaling.

Rendering avanzato

In secondo luogo PS4 Pro integra due tecniche di rendering estremamente avanzate che, pur non essendo tecnici e benché meno esperti in materia, cercheremo di riassumere a grandi linee e in maniera molto più essenziale di quanto fatto da un mezzo genio del settore come Cerny.

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La scienza dei bit

Il geometry rendering, la prima di queste due tecniche, è stata sviluppata per rendere i contorni delle figure più netti e precisi senza impattare troppo sulle prestazioni del gioco. La seconda tecnica consiste in una sorta di super-sampling denominato checkerboard rendering.

A questo punto si potrebbe pensare che sia sufficiente già la prima tecnica per rendere l’immagine più definita e tagliente come si avrebbe con un contenuto in 4K nativo, ma in realtà non basta perché bisogna anche fare in modo che la risoluzione delle texture non rimanga bassa ma che anch’essa si avvicini alla resa di un 4K nativo.

Ecco allora che entra in scena il checkerboard rendering, una tecnica che non solo svolge la funzione del geometry rendering, ma che in più aggiunge numerosi dettagli per rendere l’intera immagine (e non solo solo i contorni) più “4K like”. Per dimostrare l’effetto pratico di questa tecnologia, Cerny ci ha mostrato un’immagine tratta da inFamous: First Light su PlayStation 4 Pro nella quale già si vedevano gli effetti benefici del geometry rendering.

L’intervento del checkboard rendering ha portato in più non solo un’ulteriore dose di definizione sui contorni ma anche sull’intero volto del personaggio mostrato, del quale potevamo vedere i singoli denti e i più piccoli particolari del trucco.

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Dettagli che nella versione originale del gioco per PlayStation 4 semplicemente non c’erano. Certo, non basta uno screenshot per decretare la superiorità di PS4 Pro, ma Cerny ci ha mostrato il gioco in movimento su due TV Sony Ultra HD ZD9 da 65’’ vicini.

In uno scorrevano le immagini in 4K nativo con un frame-rate abbassato, mentre nell’altro abbiamo visto in azione il gioco su PlayStation 4 Pro non in 4K nativo ma con le due tecnologie di rendering appena descritte. Ebbene, se non fosse stato per le indicazioni di Cerny e se non ci fossimo avvicinati a un palmo dallo schermo, non ci saremmo accorti della differenza.

Abbiamo ripetuto la prova con un titolo che arriverà presto sul mercato (Days Gone) e anche in questo caso la differenza tra le due versioni era pressoché inavvertibile da una distanza standard dal TV. Certo, il discorso varia da gioco e gioco, ma in generale, e se implementate al meglio, queste due tecniche di rendering possono davvero fare un mezzo miracolo e far diventare quasi del tutto indistinguibile un gioco in 4K non nativo su PS4 Pro da uno renderizzato nativamente a 3840×2160 pixel.

Per di più, come puntualizzato sempre da Cerny, per gli sviluppatori lo sforzo, il tempo e le risorse per implementare le due tecniche sono tutt’altro che impossibili, visto che si parla al massimo di qualche settimana di lavoro.

Non tutti i developer però hanno utilizzato o stanno utilizzando i due tipi di rendering appena descritti. Insomniac e Ubisoft ad esempio sono ricorsi per Spider-Man e For Honor a un metodo denominato temporal injection, che Cerny definisce (non senza una punta di ammirazione) come molto sofisticato.

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Aggiorno o non aggiorno?

La domanda però che un po’ tutti gli appassionati di gaming si pongono a questo punto è perché Sony, già che era intenzionata a far uscire un nuovo modello di PlayStation 4, non abbia puntato direttamente a una console capace di gestire senza problemi giochi in 4K nativo. Bella domanda in effetti.

La risposta è che per raggiungere questo obiettivo, Sony avrebbe dovuto cambiare quasi tutti i componenti interni di PlayStation 4, cosa che avrebbe potuto creare problemi di compatibilità con gli oltre 700 giochi di PlayStation 4 già usciti dal 2013 a oggi.

Ecco perché si è optato per spremere il massimo possibile i componenti già installati, portando ad esempio la frequenza della CPU (la stessa per entrambi i modelli) da 1,6 GHz a 2,2 GHz. L’intervento più grosso però è stato fatto a livello di GPU, che in PS4 Pro può arrivare a una potenza di calcolo di 4.2 teraflop, ovvero 2,28 volte quella di PS4. Inoltre, visto che alcune app multimediali come Netflix sono state spostate su una porzione apposita di RAM, i giochi possono ora sfruttare una parte maggiore della velocissima RAM GDDR5.

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Lo stesso Cerny ha definito PS4 Pro come una PS4 spremuta all’inverosimile e ciò la rende una console non di nuova generazione, bensì una via di mezzo tra PS4 e quella che sarà prossimamente PlayStation 5. Insomma, un upgrade “mid-generation” che, con una spesa di 409 euro (il costo di una buona/ottima scheda video da PC gaming), ha comunque il grande merito di aver portato per la prima volta un 4K quasi autentico su una console casalinga. E non è poco.

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