La mancanza di formazione di players ed operatori sembra non essere esclusiva del mondo prettamente “consumer”. Anzi. Ecco un caso didattico
Affrontiamo con questo breve “case study” un argomento spinoso – specialmente oggidì, vista l’elevata diffusione di tecnologia complessa in qualsiasi prodotto consumer – ovvero l’affidabilità e la relativa formazione di chi dovrebbe essere, per sua stessa professione, “uno specialista”. E’ innegabile, infatti, come l’evoluzione esponenziale dell’elettronica di consumo, del mondo digitale e del networking abbiano portato la necessità di poter contare su professionisti adeguatamente formati nell’affrontare e risolvere tutte le problematiche “pratiche” che si manifestano durante l’installazione di equipaggiamenti avanzati. Cosa che abbiamo constatato – purtroppo – molto spesso non si verifica.
Prendiamo spunto per l’occasione da un caso reale che ci è capitato sotto mano di recente, quando un nostro utente ci ha segnalato un’esperienza “quasi surreale” nel campo dei sistemi di sicurezza. Un chiaro esempio di formazione inadeguata. Nella fattispecie l’utente in questione ha commissionato l’upgrade di un impianto di allarme domestico, in modo da poterlo agganciare ad un cloud e quindi controllarlo in remoto attraverso la comoda app su smartphone. Nella pratica si trattava di installare una semplice scheda di rete alla centrale già in operazione, configurarne l’accesso sul proprio router e registrare il sistema sulla rete cloud dedicata. Nulla di particolarmente complesso all’apparenza.
Rivoltosi pertanto all’azienda installatrice di riferimento – una rinomata ditta del fortificato e “stellato” Friuli – peraltro già autrice dell’impianto originale, il nostro lettore ha ricevuto il consueto preventivo e quindi dato via libera ai lavori previa sua accettazione. E da qui parte il nostro “caso didattico”. L’installatore, prima di iniziare qualsiasi lavoro, informa che la nuova scheda di rete – all’interno della LAN del cliente – va configurata obbligatoriamente attraverso un IP statico, avendo cura di aprire una certa porta del router verso l’IP stesso. Il nostro lettore – incidentalmente già scafato gestore di LAN e servizi connessi, per inciso – trova da subito la cosa un pochino anomala. I suoi dubbi vengono poi rafforzati dacchè, dando un’occhiata alla manualistica ed ai tutorial sul sistema in oggetto liberamente consultabili on-line, trova dichiarato esattamente l’opposto. La documentazione ufficiale del produttore – infatti – consiglia di lasciare l’assegnazione del numero IP in modalità dinamica, così che il sistema si arrangi da solo ad ottenere i parametri di rete dal router. Oltre al non menzionare l’apertura di alcuna porta, fatto non indifferente per la sicurezza del sistema.
Confidando tuttavia nella maggiore esperienza dell’installatore, ha proceduto a fare come da indicazioni ricevute. Impostato quindi il tutto come da istruzioni, il sistema di allarme si rifiutava di connettersi al cloud. Dopo innumerevoli prove, aprendo porte e/o gruppi di porte verso l’IP della centrale, non si è venuti a capo di nulla. Trascorse un paio d’ore di tentativi infruttuosi, l’installatore – che aveva evidentemente altri appuntamenti – decide letteralmente di defilarsi. Alla domanda “ma sei sicuro che i parametri di connessione della scheda siano giusti?”egli liquida lo sventurato con: “la causa è del provider internet, il sistema com’è configurato ora va benissimo. Ne ho installati a bizzeffe così e funzionano tutti”. Il malcapitato cliente viene quindi abbandonato – come si direbbe nella Venezia Giula – “in braghe de tela”.
A questo punto il nostro lettore – tutto fuorchè sprovveduto – fa di necessità virtù e, utilizzando Wireshark, esegue un’analisi approfondita della sua LAN domestica. Sulla quale verifica – correttamente – come la centrale dell’allarme risponda prontamente ai ping inviati verso il suo IP, ma allo stesso tempo non scambi alcun tipo di comunicazione con il router. Ne con il resto della LAN. Tutti gli altri IP statici presenti ed attivi – come ad esempio il decoder My Sky – inviano periodicamente al router una serie di dati. Anche giusto per dirgli “ehi, guarda che sono ancora qua“. La centrale invece risulta totalmente inerte. E qui iniziano a rafforzarsi i dubbi sulla sua corretta configurazione. Per fugarli, il nostro contatta direttamente l’assistenza tecnica del produttore del sistema. La quale, con gentilezza e professionalità encomiabili – ricordiamo che il produttore sarebbe tenuto a fornire aiuto solo agli installatori certificati, non all’utenza finale – lo guida passo passo nell’eseguire una serie di controlli.
Tramite una particolare procedura di accesso alla scheda di rete della centrale via web server, l’arcano trova finalmente la sua (scontata) soluzione: i server DNS nella centrale risultano impostati in modo totalmente errato. Volendo essere più precisi, non risultano essere stati impostati proprio: il valore – su entrambi – è quello della maschera di default, totalmente incompatibile con la LAN in oggetto. A questo punto la risoluzione parrebbe semplice: basterebbe entrare nel setup della centrale tramite il tastierino, impostare i valori corretti per i DNS, salvare, riavviare e fine della storia. Troppo semplice. Per motivi legati alla garanzia questo “lavoro” – da ben 30 secondi di durata – deve farlo l’installatore. A volerla dire tutta, anche chiamare il produttore del sistema, fare la root cause analysis e trovare l’intoppo avrebbe dovuto farlo l’installatore. Ma se la formazione latita, questo accade.
A monte di tutto – comunque – ricordiamo come, nella gestione di reti LAN domestiche, il 99% delle volte i problemi di funzionamento che si presentano sono legati ad errate impostazioni di base. Numero IP, Gateway, Subnet Mask e Server DNS sono i primissimi parametri da escludere, nel caso di IP statici che mostrino anomalie. Nel caso presente, sembra addirittura che chi ha installato il tutto nemmeno sapesse cosa sono e a cosa servono questi valori. Ci chiediamo – e non solo noi – se chi esegue questa tipologia di lavoro a livello professionale, altamente specifica e sempre più “demanding” viste le tecnologie in continuo divenire, venga periodicamente ed adeguatamente formato allo scopo oppure no. Non è ammissibile che, come in questo caso, sia l’incolpevole cliente – il quale pagherà per intero il previsto “lavoro” – a dover arrangiarsi nel “far funzionare” l’installazione di un prodotto, neppure tanto a buon mercato. Per non parlare del modo in cui lo stesso sia stato abbandonato a se stesso.
Ad ogni modo, nel momento in cui scriviamo, il nostro utente sta ancora attendendo – dopo un mese, tre mail ed altrettante telefonate (!) – che la ditta installatrice si decida a mandare “un tecnico” per mettere a posto i DNS. Risolvendo – come altamente probabile – il problema oppure adoperandosi per venirne a capo, in caso contrario. Come da suo dovere appreso in fase di formazione. E’ nostra intenzione seguire l’evolversi della vicenda, di cui daremo pronta evidenza. Una cosa è certa, l’accadimento – che non è di certo un caso isolato nel panorama attuale, identificando una modalità purtroppo ricorrente – dimostra come vi sia una diffusa trascuratezza nel formare il personale specializzato. Per lo meno nell’aggiornarlo sul costante e rapido evolversi della tecnologia, preparandolo a risolvere problematiche anche al di fuori della sua portata momentanea: se a venire a capo del problema ci riesce una persona di media capacità informatica – con un’occhiata su youtube ed una telefonata – non è accettabile non possa riuscirci chi queste cose le fa di mestiere.
Al nostro sfortunato utente, per concludere, abbiamo consigliato di farsi scontare adeguatamente la voce di costo relativa alla manodopera: visto e considerato che parte del lavoro l’ha eseguita lui, non si capisce perchè dovrebbe pagarla per intero. Vediamo cosa accadrà, nella speranza che questo spiacevole accadimento possa servire almeno da spunto nel migliorare la qualità della formazione cui il personale andrebbe, periodicamente, sottoposto.
E voi amici lettori avete mai maturato esperienze simili? Magari con dispositivi più “consumer”, come TV, diffusori o sintoamplificatori. Se si, fatecelo sapere
scriveteci!
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