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Streaming e Video On Demand – Cinema e TV diventano liquidi

Internet e l’offerta di film e telefilm attraverso le numerose piattaforme digitali italiane: dallo streaming al video on demand un viaggio alla scoperta dello spettacolo ‘liquido’ del Belpaese

Per meglio comprendere lo stato dell’industria dello streaming e video on demand non potevamo che partire dalla più recente indagine globale Nielsen sul livello di apprezzamento e fruizione di contenuti video coperti da copyright, con interesse da parte degli italiani nonostante l’indice locale di crescita sia alquanto modesto. Il 36% degli attivi su Internet è abbonato a un servizio a pagamento, ovvero dei circa 30 milioni di utenti unici/mese gli interessati si aggirano sugli 11 milioni.

Rispetto alla media europea (50%) e quella globale (65%) non c’è da esultare ma rimane comunque un buon bacino d’utenza disposto a pagare per visionare legalmente film e telefilm attraverso piattaforme digitali. A contribuire al basso indice di sviluppo famigerati fattori tra cui il digital divide (Internet veloce a basso prezzo solo nella grandi città, coefficiente di penetrazione del Web in Italia attorno al 60% contro nazioni europee che viaggiano oltre il 95%) e la massiccia presenza di siti pirata con download e/o streaming illegale.

video on demand

Tipologie Video On Demand

Tre le categorie cui fare attualmente riferimento: lo SVOD, ovvero Subscription Video On Demand, fruizione di titoli in abbonamento mensile. Per una visione più casuale ed estemporanea c’è il TVOD, Transactional Video On Demand, che prevede il pagamento/acquisto del singolo spettacolo, categoria identificabile anche come Electronic Sell-Through, videoteca virtuale del tutto identica a quella reale vicino casa. Last but not least l’AVOD, Advertising Video On Demand: gratuito con presenza di spot e banner. A questo si aggiunga anche la cosiddetta catch-up tv, per vedere o rivedere in differita programmi trasmessi dai canali generalisti nel corso dell’ultima settimana come RAI Replay e soprattutto Tivuon (tramite TV o Decoder certificato tivùon!), per accedere in streaming agli ultimi 7 giorni di programmi RAI, Medisaet e La7 con la probabilità che in futuro il bouquet canali vada ad ampliarsi.


Storia di ieri

Per la cronaca il Video On Demand in Italia ha mosso seriamente i primi passi dal 2010, con la piattaforma Mymovieslive attraverso il portale Mymovies.it, seguito da Chili Tv e da iTunes Store. Il 2013 è un altro anno importante per la nascita di Infinity Tv (Gruppo Mediaset) e ancora MUBI.com, Google Play e Anicaondemand.it (il cui indirizzo ora rimanda a Mymovies.it) con altre declinazioni SVOD come Sky on Demand, Premium Play e CuboVision (diventato poi TIMVision).

Per districarsi nella selva di opere offerte dai vari competitor è particolarmente interessante la pagina offerta da Mymovies:

http://www.mymovies.it/trovastreaming/

che a seconda di genere e titolo segnala la presenza sul relativo portale di iTunes, Chili, Google Play, Wuaki.tv, Infinity e RaiPlay, diversificando l’offerta per risoluzione immagine, costi, disponibilità noleggio, solo acquisto o entrambe le opzioni. Ad aiutare chi non avesse a disposizione una linea Internet veloce (in genere dai 10 Mbit/sec in su) di solito interviene la cosiddetta ‘visione a risoluzione adattiva’, con qualità d’immagine direttamente proporzionale alla disponibilità di banda, in tal modo si riducono anche i tempi di attesa.

Fisico o liquido?

Nonostante le generazioni cambino così come le (mutagene) possibilità di fruire di un programma protetto da copyright fuori circuito DGTV free e Pay TV, permane una nicchia sostenitrice del collezionismo ‘fisico’ ma anche e soprattutto della qualità tecnica, del piacere di arricchire la personale videoteca con oggetti aventi forma e dimensione, capaci anche di offrire resa superiore audio/video: codifiche più performanti, in genere inferiore livello di compressione. Eccetto condizioni infrastrutturali privilegiate (fibra ottica, wireless banda larga, etc.) la qualità tecnica non va oltre quella del classico DVD e solo in parte si raggiunge una vera risoluzione Full HD o Ultra HD, per quest’ultima occorre disporre di un flusso dati di almeno 12-15 Mbit/sec. A pagare il prezzo più pesante il comparto audio con fruibilità in stereofonia o Dolby Digital 5.1 canali, il più delle volte senza sottotitoli per audiolesi e praticamente senza audio descrittivo disponibile per non vedenti, vuoti che andrebbero doverosamente colmati.

liquido VS fisico

Il 54% degli intervistati da Nielsen risponde di percepire costi inferiori con le piattaforme On Demand rispetto alle Pay Tv, e questo è un dato di fatto. Altrettanto vero è che le offerte commerciali dei portali SVOD/TVOD non sono poi così allettanti: un titolo di punta per il noleggio, da usufruire nelle 24 ore dall’inizio della visione (i.e. iTunes), ha un costo che può anche raggiungere i 5€ in HD e 4€ in SD, l’acquisto si aggira sui 14€ in HD o 12€ in SD. Offerta magari appetibile per alcuni ma, al di la della effettiva praticità, francamente possedere un prodotto liquido che risieda localmente o su cloud i collezionisti non lo trovano così affascinante.

Il vantaggio di poter rivedere all’infinito un’opera ovunque ci si trovi sul pianeta, anche con semplici smartphone o tablet è innegabile, sempre che si sia effettuato preventivo download, caso contrario il discorso vale sino a quando esisterà l’azienda fornitrice, o sino al momento in cui non viene deciso il phase-out del titolo dalla library. A tale proposito l’offerta in ambito download digitale è nettamente più ampia negli States per l’inclusione nel prodotto fisico del codice “Ultraviolet”, ovvero della gestione DRM (Digital Rights Management) multiplo e la visione del programma su ampio ventaglio di device.

Ci vuole il Vudu

Non stiamo ovviamente facendo riferimento all’omonima religione afroamericana bensì all’interessante iniziativa da parte dei Walmart Stores, famosa catena di negozi statunitense e del servizio straming on demand, “Vudu”. La nuova e più recente offerta conta un’apposita app Android e iOS per convertire il film acquistato su DVD o Blu-ray in formato digitale. Sorvolando sulla tipologia di controlli prevista a verifica del reale acquisto del prodotto è sufficiente effettuare lo scan del relativo barcode e selezionare se si desidera la conversione da DVD a copia digitale SD oppure da Blu-ray a copia digitale HD, in entrambi i casi il costo è di 2 dollari. L’upconversion da SD a copia digitale HD costa invece 5 dollari. I titoli al momento disponibili sono già 8.000 con numerose major hollywoodiane associate, esclusa per esempio Disney.

Copia digitale a tempo

La ‘scadenza’ è un argomento di cui raramente si sente parlare, d’altronde nulla è per sempre. Forse un pensiero in merito, specie da parte di chi acquista molti titoli unicamente liquidi, andrebbe fatto. In ambito scadenze vale la pena ricordare che a offrire la copia digitale inclusa nell’acquisto di un prodotto fisico in Italia è rimasta Warner, ma anche qui con scadenza ben precisa.

L’adesivo presente sul Blu-ray del film “Sully”, in vendita da marzo 2017, ricorda che la versione liquida è fruibile tramite PC, Tablet o Smartphone sino al 31/12/2020. Entro tale data è possibile visionare il film in cloud oppure scaricarne la versione digitale in locale. Attualmente a servire i clienti italiani della major hollywoodiana desiderosi di sfruttare la copia digitale c’è Flixter Video, con tanto di servizio assistenza (anche se una volta inviato un quesito in italiano si riceve risposta solo in inglese, sic!).La visione di un’opera in HD è rigidamente asservita alla presenza dell’HDCP, per cui possedendo per esempio un monitor PC Full HD dotato unicamente di connessione DVI si è costretti a visionare il film in SD.

Nel prossimo articolo andremo ad analizzare nel dettaglio l’attuale offerta dei principali servizi streaming e video on demand disponibili nel nostro Paese.

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