Abbiamo avuto modo di intervistare Livio Cucuzza, Chief Design Officer, Marta Vecellio Reane, Marketing Manager e Simone Farinello, Production & Operation Manager Sonus faber. Fra gli argomenti toccati: tradizione, identità sonora, mercato ed uno sguardo previdente sulla realtà dell’hi-fi oggi. Non perdetevi, inoltre, la video intervista con Marta e Livio dove abbiamo affrontato numerosi argomenti con ancora maggior profondità.
Se l’Italia ha un posto di riguardo nel mondo dell’alta fedeltà, una menzione speciale non può che essere concessa a Sonus faber, un brand in continua espansione, il cui mercato è ormai mondiale, nel segno del made in Italy. Un segno che non è solo firma, ma un preciso concetto sonoro che, come vedrete, trova le sue basi nella naturalezza sonora e nella materia prima sviluppate in un clima del tutto artigianale. La recente acquisizione, da parte di Sonus, della storica falegnameria De santi, ci ha spinti a cercare di saperne di più e ad ascoltare personalmente i protagonisti.
Fra innovazione e radicata fedeltà ai principi testualmente audiofili che hanno reso prestigiosa l’azienda, possiamo dire, con una certa soddisfazione, che in questa realtà tutta italiana, alberga ancora un concetto sonoro ed una filosofia aziendale non edulcorate da esigenze di mercato consumer. Insomma, il sostrato resta orgogliosamente hi-fi.
Una filosofia chiara
Certo, Sonus faber non si nasconde. La sua offerta, come riporta il loro stesso sito, è versata ai diffusori di lusso, specificatamente hi-end. Dove anche gli entry level rispondono a requisiti audio ambiziosi. Ci pare, però, corretto che la vera alta fedeltà abbia ancora una sua alcova di ambiziosi prodotti capace di mantenere, nonostante la liquidità della nostra epoca, qualche punto fermo, almeno in campo sonoro. Ascoltare bene, però, non deve essere un fatto per pochi. E qui si precisa la filosofia al passo di Sonus, la continua espansione del brand, specialmente in questi ultimi anni.
Secondo Livio Cucuzza l’alta fedeltà, almeno nei mercati più giovani, sta raggiungendo sempre più persone. La filosofia per il buon ascolto non deve, dunque, per Sonus, essere reclusa in quella dimensione audiofila dove la passione diventa ossessione per l’impianto e per la perfezione, dove la musica diventa il mezzo per l’ascolto dell’impianto. Una visione che, ne siamo certi, sarebbe autoreferenziale, oltre che comprensibilmente indigesta per chi si avvicina a questo mondo.
All’opposto, la passione può essere, diciamo, semplificata, essere a dimensione delle nuove leve e cogliere loro passo dopo passo per portarli gradualmente all’hi-fi più ambizioso. Tenendo, però, ben presente cosa sia hi-fi, e cosa non lo sia.
Ma, andiamo con ordine…
La vostra produzione, storicamente, è stata situata in Italia. Cosa significa oggi, per un brand come voi, investire in qualità ed avere una produzione hi-fi made in Italy? Ci sono dei prodotti del vostro listino prodotti fuori dal Paese?
LIVIO: Il nostro obiettivo è produrre in Italia, quando ci sono le condizioni per farlo. Per ottenere determinati risultati, però, il principale investimento deve essere sulle persone. Chi assembla il prodotto Sonus faber deve avere la capacità e la sensibilità per trattare simili materie. Si tratta, nel nostro caso, di prodotti ancora quasi totalmente artigianali, privi di lavorazioni automatizzate. Due sono le strutture: il trattamento del legno, la materia prima, che avviene nella storica falegnameria (la De Santi, recentemente acquisita da Sonus), e la sede propriamente detta dove avviene l’assemblaggio dei diffusori. Si tratta di un lavoro certosino, svolto in maniera tradizionale, senza il supporto di macchine.
La produzione di Sonus è rimasta invariata, come era alle origini. Solo la linea Palladio e il nuovo modello OMNIA sono prodotti in Cina. Questo avviene soprattutto per la forte presenza di materiali plastici in questi prodotti, fatto per cui il valore aggiunto di una produzione made in Italy non sarebbe stato determinante.
Avendo avuto modo di conoscere direttamente la produzione ed i modelli di numerosi brand hi-fi di fama mondiale, ci è parso che molti di questi si siano gradualmente spostati verso un mercato più consumer. Pare quasi che i loro diffusori d’alta gamma siano un orpello lì a legittimare il prestigio del brand che, però, ormai lavora principalmente con prodotti che, forse, hi-fi non sono. Cosa ne pensate?
LIVIO: È chiaro come per un brand di prestigio ci sia la tentazione di ampliare il suo pubblico, di crescere. A volte, però, questo accade a discapito della componente hi-fi, diluendo gli standard qualitativi. Non è, però, il caso di Sonus faber, dove il core business dell’azienda è ancora quello dell’alta fedeltà. Lo dimostrano i nostri prodotti più economici, che sono comunque fra i più prestigiosi sul mercato. Come si evince dal nostro manifesto, presente sul sito, Sonus non produrrà mai quei prodotti spregiudicati pensati per raggiungere con ogni mezzo le grandi fasce di pubblico.
Come considerate il vostro mercato attuale sul suolo italiano e internazionale dopo la grave penuria causata dalla pandemia?
LIVIO: Il terribile evento del COVID per Sonus faber è coinciso con un momento di crescita importante. Alcune mosse strategiche azzeccate e le scelte, dimostratesi positive, sul prodotto hanno fatto registrare importanti incrementi di fatturato per la nostra azienda nel 2020 e 2021. L’Italia non ha fatto eccezione, confermandosi un mercato in forte crescita per il marchio.
SIMONE: In ottimo stato di salute. La pandemia ci ha costretti ad analizzare e ci ha permesso di capire con ragionevole certezza, che ciò che l’azienda aveva fatto negli anni pre-pandemia in seno alla gestione della rete vendita e nello sviluppo dei nuovi prodotti, sono state azioni assolutamente corrette. Sinergia con i distributori e piano prodotto coerente con ciò che il mercato si aspettava dal nostro brand hanno fatto sì che anni negativi e difficili per il mondo tutto, si siano trasformati per Sonus faber in anni assolutamente positivi!… questo anche in Italia, nostra patria.
Ci sono state ripercussioni per voi o la domanda può dirsi soddisfacente?
LIVIO: Credo che noi tutti, a causa dell’isolamento forzato, abbiamo riscoperto il piacere di curare l’ambiente in cui viviamo e il tempo libero che, durante la pandemia è aumentato in molti casi drasticamente. Questo ha fatto si che la domanda verso prodotti come il nostro, in cui tempo e spazio sono requisiti fondamentali, sia sensibilmente aumentata.
SIMONE: Ripercussioni sì, ma positive fortunatamente. Questo passa attraverso il consolidamento del marchio (politiche commerciali e di prodotto) e la maggiore visibilità dello stesso (Maserati). Obiettivamente anche attraverso al fatto che, in pandemia, le persone sono state costrette a rimanere chiuse in casa. In quel frangente, molti hanno riscoperto il piacere di migliorare il loro comfort casalingo e a curare maggiormente le loro passioni. Tutto ciò ha avuto un impatto positivo anche per Sonus faber.
All’estero avete notato una crescita della domanda per i vostri prodotti?
LIVIO e SIMONE: La crescita che abbiamo registrato nel 2020/21 è stata a livello globale. Alcuni paesi si sono contraddistinti in modo particolare e precisamente USA, Hong Kong, Australia, UK.
Molti appassionati lettori di AF ci chiedono quale sia la filosofia sonora dei diffusori Sonus faber. Di certo, nulla è più illuminante di un ascolto in presenza, ma come potreste sintetizzare gli obiettivi sonici e le qualità distintive del vostro sound?
LIVIO: In sintesi? Materiali naturali portano al suono naturale. Fin dalle origini, il nostro suono ha sempre posseduto un approccio naturale, umano. Neanche a parità di frequenza, infatti, fra diffusori diversi abbiamo lo stesso suono. Sono, dunque, i materiali a fare la differenza. Un buon diffusore non deve essere affaticante, stancante, bensì essere sempre amabile nella sua esposizione sonora. Il suono deve, comunque, essere sempre esatto: i nostri diffusori, infatti, rispondono a severi standard al fine di giungere alla massima fedeltà sonora.
I giovani e l’hi-fi. A nostro avviso, nel nostro Paese, i giovani appassionati all’alta fedeltà sono pochissimi. Ancor meno quelli intenzionati a spendere cifre veramente impegnative per costruire quegli impianti che consideriamo hi-end. Vi ritrovate in questo?
LIVIO: I giovani appassionati sono pochi, ma non così pochi come si potrebbe pensare. Un ricambio generazionale c’è, soprattutto nei mercati in crescita, in Asia sicuramente. Un esempio è il Vietnam, dove il nostro distributore ha 27 anni. È, senza dubbio, importante svecchiare le strutture hi-fi, le aziende, per avvicinare i giovani a questo mondo. È fondamentale semplificare il concetto di hi-fi: lasciamo da parte rack, cavi sospesi, alimentazioni… Tutto questo non potrà mai interessare un giovane: è sicuramente possibile godere dell’hi-fi anche senza queste complicazioni.
Allo stesso modo è importante la semplicità nell’utilizzo: perché non abbiamo sviluppato un’app interna per OMNIA? Perché obbligherebbe l’utente ad imparare un funzionamento che non conosce. Non pare, invece, meglio abbinare la qualità sonora, cosa che sappiamo fare bene, con software, come Spotify, Tidal che il pubblico già conosce? Se riuscissimo a garantire maggiore semplicità all’utente, allora vedremmo sicuramente più giovani nel nostro mondo.
Secondo diversi addetti ai lavori in Italia, l’home theatre sta morendo, o almeno viene rimpiazzato da prodotti consumer ormai privi delle caratteristiche necessarie per essere definiti prodotti HT.
LIVIO: Guarda: mi stai fornendo dati per noi nuovi. All’opposto, stiamo riscontrando una rapida crescita nel segmento home theatre, specialmente in quello custom installation (la linea PALLADIO). Non siamo certi rispetto all’Italia, ma nel mondo l’home theatre di livello è in crescita. Ad essere danneggiato potrebbe essere soprattutto il segmento medio-economico, ormai sempre più rimpiazzato dalle soundbar. Questo segmento consumer non ci compete e, dunque, non possiamo offrire dati precisi.
Le sorgenti: in un futuro vi sarà solo la liquida, e CD e vinile scompariranno? Oppure, all’opposto, l’appassionato rimarrà fedele al dispositivo fisico?
Esiste la musica ascoltata come accompagnamento, e qui la liquida è ormai imperante, ed esiste la musica come passione. Secondo me, l’appassionato vorrà sempre avere un supporto fisico. Questo è un oggetto da collezione che permette all’appassionato di entrare in contatto con la musica, con il musicista o la band.
Per molti, comunque, il vinile è una moda: sappiamo benissimo come la maggioranza dei vinili non sia assolutamente analogica, ma un riversamento su lacca di file digitali. C’è, quindi, molto indottrinamento, molta moda nei riguardi del revival del vinile.
Allo stesso modo, comunque, per un tipico utilizzatore moderno il supporto fisico è obsoleto. Lo streaming non è un fenomeno passeggero: il mondo è digitale, e per la musica è lo stesso. Ormai molti servizi streaming possono raggiungere ottime qualità, alcune volte anche superiori al CD.
Credo che tutte le tre sorgenti continueranno a convivere nel futuro.
Ringraziamo Sonus faber, e vi rimandiamo all’intervista integrale per ogni approfondimento:
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