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Ricarica wireless: stare senza è ormai impossibile

ricarica wireless

Con standard sempre più potenti ed efficienti, la ricarica wireless sta diventando una tecnologia irrinunciabile. Ma ha anche i suoi limiti

In attesa che prenda piede un sistema di ricarica “nell’aria” dei nostri smartphone che non richieda una basetta di ricarica (ci stanno lavorando soprattutto Xiaomi e Motorola), la ricarica wireless è una tecnologia sempre più utilizzata per la sua grande comodità. Basta infatti appoggiare lo smartphone su una basetta più o meno grande (che in certi casi può alimentare un altro dispositivo contemporaneamente) per iniziare a ricaricarlo, senza quindi dover armeggiare con cavi e connettori scomodi. Ma esattamente come funzione la ricarica wireless e quali sono i suoi pregi e i suoi limiti?

La ricarica wireless si basa sul principio piuttosto semplice dell’induzione elettromagnetica. In poche parole, una corrente alternata (AC) passa attraverso una bobina di rame, che genera un campo magnetico nelle immediate vicinanze. Se si porta un’altra bobina nel raggio d’azione, il campo induce una corrente. La bobina primaria è alloggiata all’interno del caricabatterie e riceve alimentazione dalla presa di corrente. La bobina secondaria è invece all’interno dello smartphone e riceve la corrente indotta in modalità wireless.

Questo è il motivo per cui i dispositivi con ricarica wireless devono avere il retro in plastica o vetro: il metallo interferirebbe infatti con l’accoppiamento induttivo. Nel corso degli anni, alcuni produttori hanno cercato di aggirare questa restrizione utilizzando due materiali diversi. Il retro del Pixel 5, ad esempio, era in gran parte realizzato in metallo, ad eccezione di un apposito ritaglio che utilizzava invece la plastica.


La vera ricarica wireless? Quella nell’aria…

Se in passato c’erano più standard concorrenti per la ricarica wireless, quello Qi, sviluppato dal Wireless Power Consortium, è diventato oggi quello dominante. La maggior parte dei dispositivi di ricarica wireless supporta infatti lo standard Qi e avere uno standard comune è decisamente vantaggioso perché significa che si possono acquistare dispositivi e caricabatterie di brand concorrenti e si sa con assoluta certezza che funzioneranno.

Lo standard Qi include linee guida per numerosi aspetti del processo di ricarica, come l’area di ricarica, i limiti di temperatura e il rilevamento di oggetti. Quest’ultimo è particolarmente importante perché se si lasciano accidentalmente oggetti metallici come monete in un campo magnetico oscillante, potrebbero surriscaldarsi rapidamente. Lo standard aiuta a prevenire ciò: i caricabatterie genereranno un campo solo quando viene rilevato un dispositivo conforme a Qi.

Infine, Qi offre diversi livelli di potenza che i produttori possono utilizzare, con l‘attuale versione dello standard che consente un massimo di 15W. Sebbene la maggior parte dei caricabatterie e dei dispositivi wireless siano conformi alle specifiche Qi, alcuni produttori hanno sviluppato i propri standard che offrono anche velocità di ricarica wireless più elevate.

OnePlus, ad esempio, offre Warp Charge 50 Wireless, che ripristina completamente la batteria del OnePlus 9 Pro in poco meno di 40 minuti; AirVooc di Oppo si spinge addirittura fino a 65W. In questi casi però è richiesto l’uso di un caricabatterie wireless specifico proprio perché non stiamo parlando di uno standard comune ma proprio di ciascun produttore. È vero che questi dispositivi si caricheranno senza problema anche con un caricatore Qi, ma lo faranno a un wattaggio ridotto.

A proposito di implementazioni proprietarie, bisogna considerare anche la ricarica wireless per dispositivi più piccoli come auricolari e smartwatch. La maggior parte dei dispositivi compatti con capacità di ricarica wireless (il Galaxy Watch 4 di Samsung o gli AirPods Pro di Apple), supportano lo stesso standard Qi degli smartphone. Tuttavia, hanno bobine molto più piccole e si caricano solo su caricabatterie con bobine di dimensioni uguali.

Meglio wireless o cablata?

In termini di praticità, i caricabatterie wireless sono ovviamente al top. Tuttavia, il discorso cambia quando si considerano altri parametri come velocità di ricarica, efficienza e calore. Considerando che alcuni standard di ricarica cablata possono raggiungere anche i 160W e che quello Qi è appunto limitato a 15W, la ricarica wireless non è certo la più veloce in assoluto anche se si opta per gli standard più avanzati di Oppo e OnePlus.

Per quanto riguarda l’efficienza, la ricarica wireless consuma circa il 50% in più di energia dalla presa di corrente rispetto al collegamento tramite cavo. La differenza probabilmente non avrà alcun effetto materiale sulla bolletta elettrica (la ricarica di uno smartphone consuma infatti pochissima elettricità in generale), ma può diventare problematica per i power bank e i caricabatterie portatili, costringendovi a portarsi dietro un dispositivo di capacità maggiore per ottenere la stessa quantità di carica.

Se poi vi state chiedendo dove vada il resto dell’energia, è semplicemente persa sotto forma di calore. E questo è un altro grosso problema che i produttori devono affrontare. Il calore eccessivo durante la ricarica è infatti dannoso perché può ridurre la durata della batteria dello smartphone. Ecco perché è fondamentale che smartphone e caricabatterie wireless abbiano meccanismi di protezione integrati per prevenire il surriscaldamento. Molti produttori come Samsung e OnePlus aggiungono persino una ventola di raffreddamento ai loro caricabatterie, anche se ciò comporta una maggior rumorosità quando lo smartphone è sotto carica (cosa che invece non succede con una tradizionale soluzione cablata).

C’è infine un ultimo e interessante elemento da considerare: la ricarica wireless inversa. Si tratta di una funzionalità relativamente nuova offerta principalmente su smartphone top di gamma. Il principio dell’induzione elettromagnetica rimane lo stesso, tranne per il fatto che è il dispositivo a trasformarsi nella bobina primaria.

Lo smartphone utilizza cioè l’energia della propria batteria per generare un campo magnetico. Altri dispositivi possono quindi essere posizionati sulla superficie del telefono per avviare la ricarica wireless. Ovviamente rimangono gli stessi aspetti negativi già evidenziati, visto che anche la ricarica wireless inversa è piuttosto inefficiente e quindi farete un uso significativo della batteria dello smartphone per ricaricare device come uno smartwatch o gli auricolari, tanto che molti produttori suggeriscono di utilizzare questa funzione mentre lo smartphone è collegato alla presa elettrica.

Parliamo di dispositivi più piccoli perché, se da un lato è tecnicamente possibile caricare un altro smartphone tramite la ricarica wireless inversa, dall’altro la bassa efficienza e il potenziale di surriscaldamento la rendono utile solo per particolari emergenze, senza considerare che le velocità di ricarica inversa sono spesso piuttosto limitate (solo 5 W in alcuni casi).

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