Il digitale è oramai stabilmente tra noi da circa 40 anni, audio e video viaggiano praticamente ovunque nel dominio dei numeri e quindi, stando almeno all’elevata percentuale di riscontro, l’analogico – in tal caso declinato sotto forma di preamplificatore – parrebbe ampiamente superfluo. Oppure no?
Ai tempi d’oro dell’Alta Fedeltà, con specifico riferimento alla sezione di amplificazione, il punto di arrivo per qualsiasi appassionato ad un certo livello era il possesso della mitica coppia preamplificatore/finale di potenza, abbinamento che mediamente parlando garantiva prestazioni superiori rispetto al comune integrato.
Non solo, la disponibilità di elettroniche separate rendeva possibile scegliere quelle ritenute più in linea con i propri gusti e/o necessità, motivo per cui sistemi ibridi – il mix valvole/stato solido esiste da tempo – erano pratica consuetudine.
Era poi quello un periodo in cui un impianto ad Alta Fedeltà poteva essere composto da numerose elettroniche: giradischi analogico (al quale abbinare un eventuale stadio fono nel caso l’ampli ne fosse sprovvisto), lettore digitale (meccanica e convertitore separati nelle declinazioni più costose), preamplificatore, finale di potenza (due esemplari nel caso fossero monofonici) e diffusori, circostanza che imponeva una qual certa presenza in ambiente oltre ad una consistente disponibilità economica.
Oggigiorno invece – prescindendo dai pratici sistemi all-in-one – assemblare un impianto ad Alta Fedeltà di qualità senza investire cifre troppo elevate ed evitando al contempo di trasformare il salotto in un’area espositiva è certamente fattibile, tra l’altro mettendo insieme un numero minimo di componenti – vista l’attuale pratica di inserire in un unico telaio funzionalità distinte come convertitore/stadio fono/preamplificatore, streamer di rete – il che corrobora il pensiero che determinate elettroniche come unità a sé stante siano oramai superflue.
Una di queste è il preamplificatore, per certi versi croce e delizia di molti appassionati nonché oggetto di cui si è alternativamente tentato di eliminare la presenza per poi ravvedersi in seguito, almeno in determinate situazioni.
Se ben ricordate, all’inizio dell’era digitale la possibilità di variare il livello di uscita di molti lettori CD era prassi comune, non tutti ovviamente, ma la percentuale di modelli che concedevano questa possibilità era notevole, circostanza che condusse rapidamente ad una conclusione: visto che il livello di uscita medio di una sorgente digitale è di circa 2 volt mentre la sensibilità media di un finale di potenza di circa la metà, la presenza di un preamplificatore è praticamente superflua.
Furono numerosi gli appassionati che presi dall’impeto della semplificazione – un diffuso concetto che all’epoca si era guadagnato fin troppo spazio – ridussero il proprio sistema audio a soli due pezzi, lettore CD e finale di potenza, contentissimi di aver finalmente tolto l’ennesimo “velo” che disturbava la riproduzione; per non parlare del fatto di aver ridotto ad un singolo cavo di segnale la connessione.
Dopo un po’ si resero conto che insieme al citato velo se n’era andata anche buona parte della piacevolezza d’ascolto e del contenuto armonico, il che rendeva il suono fin troppo dettagliato e perfettino; per farla breve, dopo qualche anno di pulizia sonora il caro vecchio preamplificatore tornò stabilmente al suo posto.
Al momento sembra di rivivere in parte lo stesso momento storico, sia per quanto citato relativamente alla fruizione del digitale sia, eventualmente, per coloro che avessero totalmente abdicato al trono dell’analogico, situazione che inevitabilmente lo renderebbe (forse) effettivamente superfluo.
A ben vedere, nel caso si scelga di dotarsi esclusivamente di uno streamer di rete oppure di una meccanica + DAC separati dotati di controllo di livello, il preamplificatore sarebbe in linea teorica superfluo, sebbene la sua presenza si faccia in ogni caso (letteralmente) sentire, soprattutto nel caso si tratti di un esemplare a valvole.
Se poi siete in possesso di una sorgente analogica, chiaramente, non potete davvero farne a meno, caso nel quale oltre al giradischi – e l’eventuale stadio fono – ci collegherete il DAC, sebbene questo potrebbe governare autonomamente il finale di potenza.
Insomma, la cosa deve essere ben determinata, maggiormente se si tratta di acquisire la suddetta elettronica ex novo, chiaramente se già ne siete in possesso potrebbe nascere il dubbio se sia opportuno o meno continuare ad usarla, caso in cui potreste inizialmente semplicemente escluderla per ben valutare il suo influsso.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
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