Tra le moltissime mail ricevute in redazione sull’articolo del nostro Diego Scardocci dedicato ai cavi ci ha colpito quella di Guido, un viaggio nel tempo, nella passione che ci accomuna, l’Alta Fedeltà
Salve, da sempre innamorato di Alta Fedeltà [prima sarebbe stato impensabile il termine HI-END] passavo alcune giornate nella esagerata sala d’ascolto di quel tempio che rispondeva al nome di Filc Radio di Piazza Dante [Roma]. Ricordo bene i primi articoli sui cavi e sulla “necessità” degli stessi, solo capaci di restituire magicamente il suono. Questo fu il primo campanello di allarme, le prime avvisaglie su quanto potesse essere fuorviante l’intero discorso, come celesti vu-meter potessero in certo qual modo far dimenticare la loro stessa genesi, cioè l’ascoltare musica. Possibilmente buona oltretutto. Si sognavano i Galactron e ci si prostrava alla base dei grandi Tannoy o JBL, cercando nelle schede tecniche motivazioni per far prevalere queste o quelle, sapendo a priori di non poterle acquistare. I cavi arrivarono dopo, a sogni già vissuti e [forse] contribuirono a farli svanire.
Guido
RISPOSTA ALLA MAIL DEL LETTORE GUIDO
Tra le molte mail ricevute in redazione a seguito dell’articolo sui cavi, quella del nostro lettore Guido contiene qualche interessante spunto di riflessione che forse, dico forse, chiarisce meglio di tante parole un contesto talvolta fin troppo complesso. Scelta proprio per questo motivo, ovvero al di là dell’essere d’accordo o meno con quanto illustrato nell’articolo, fa riferimento a quello che in una passione dovrebbe mantenersi sempre vivo: lo spirito iniziale.
Nostalgia. Il primo spunto, anche a beneficio dei lettori più giovani, che si spera siano tanti ed aumentino nel tempo, deriva dal punto vendita citato, quel FILC RADIO che a Roma era un vero e proprio punto di riferimento, espressione all’ennesima potenza del classico negozio di alta fedeltà dell’epoca. Le sue opulente vetrine erano piene di ogni ben di Dio audio che l’appassionato potesse desiderare; prodotti a marchio Marantz, McIntosh, Micro Seiki, Technics, Accuphase e moltissimi altri che non cito perché la lista sarebbe davvero infinita, facevano bella mostra di se sugli scaffali interni di questo meraviglioso negozio. Io stesso vi acquistai il mio primo, serio finale di potenza, un SAE 2200 made in USA, era l’anno 1982, bei tempi. Gli ascolti test potevano essere condotti in una sala d’ascolto enorme, un vero anfiteatro dove numerose coppie di diffusori potevano essere collegate all’amplificatore ed alla sorgente scelti al fine di verificare il risultato sonoro e la sinergia del sistema. Che nostalgia.
Come consolidata prassi, l’alternanza delle coppie di diffusori era gestita tramite una sofisticata centralina la quale – credo unica nel suo genere – consentiva non solo di commutare la coppia di casse ma, addirittura, di scegliere amplificatore e sorgente, rendendo quindi possibile interfacciare la medesima coppia di diffusori con differenti sistemi, qualcosa di molto avanzato per i tempi.
Pertanto, andare in un negozio di alta fedeltà significava divertirsi nel vero senso del termine, senza tante preoccupazioni da audiofilo stordito, ovvero senza avere il cervello imbottito di quelle nozioni fin troppo lacunose che di lì a poco avrebbero invaso questa splendida passione, sovente buone solo per far soldi ammantando di presunta magia sonora il contesto. Domanda: riuscite ad immaginare la quantità di cavi di segnale e di potenza coinvolti nel sistema? Eppure elargiva emozioni a iosa.
Dalla nostalgia all’equilibrio del sistema
Altro spunto, nasce dall’accento posto dal nostro lettore Guido circa lo svanire dei sogni dell’appassionato a causa di aspetti ritenuti imprescindibilmente fondamentali. Questo mi porta alla mente una citazione del noto filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, allorquando egli afferma che “Il particolare oscura l’intero e cresce a sue spese”.
Esattamente, aggiungo io, quando un dettaglio è tenuto in conto come e più di tutto il resto, quando questo assume importanza in maniera esagerata, ebbene si, si arriva a concentrarsi in maniera maniacale sul particolare relegando il resto – ovvero la parte più consistente ed importante! – in secondo piano; non per nulla il nostro lettore definisce “campanello d’allarme” quanto andava lentamente emergendo negli scritti dell’epoca, evidentemente aveva già intuito qualcosa. Avete presente il singolo errore in grado di invalidare 1000 cose fatte bene? Ecco, avete capito.
Nostalgia…In conclusione, come vedete pongo sempre in primo piano un atteggiamento mentale che eviti scelte esagerate, preferendo sempre una visione d’insieme dell’impianto ad alta fedeltà ove i cavi, come già scritto, ne sono giustamente parte ma senza prendere il sopravvento, cosa che inevitabilmente finirebbe per sconvolgere l’equilibrio del sistema.
E come sempre, ottimi ascolti!
fonte foto: centralina diffusori da: https://www.audioteka.it/tcc-tc-9.html
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