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MITI DELL’HI-FI: IL COMPONENTE DEFINITIVO

Il termine definitivo, con specifico riferimento all’Hi-Fi, potrebbe risultare perfino inquietante, se non altro per il suo alludere ad uno scenario immutabile che non consente di tornare indietro una volta operata una scelta.

L’Alta Fedeltà però è un contesto particolare, pertanto, quello che in apparenza potrebbe suonare come potenzialmente sfavorevole, assume invece un connotato ampiamente positivo laddove si consideri il fatto di entrare in possesso di un’elettronica virtualmente eterna.

Teoricamente, infatti, la durata di un oggetto è inevitabilmente correlata alla sua qualità costruttiva: materie prime di eccellente qualità, accurata ingegnerizzazione e costruzione scrupolosa – pur rientrando in una sostanziale normalità – permettono certamente di ipotizzare una lunga vita operativa, priva quindi di inopportune défaillance o guasti che possano compromettere il corretto funzionamento del dispositivo.

Nel momento in cui scriviamo l’elettronica ha fatto passi concretamente enormi, sia in merito alle prestazioni esprimibili che ai costi per ottenerle, un aspetto questo che un tempo e per determinati versi non era nemmeno lontanamente immaginabile, resta comunque in piedi una domanda che spesso l’appassionato prima o poi si pone: esiste il componente definitivo?


Non si tratta affatto di una domanda retorica, tutt’altro, e sebbene la risposta parrebbe semplice – si potrebbe pensare che investendo molto denaro ci si metta automaticamente al riparo da future delusioni e/o criticità – la realtà è piuttosto diversa, di sicuro meno dogmatica, diversamente avremmo risolto il problema in partenza.

In ogni caso quel che è certo è che un componente realizzato in modo sopraffino ha molte più possibilità di restare sulla cresta dell’onda per lungo tempo, potenzialmente indefinito.

Qualche tempo fa ho letto un interessante editoriale pubblicato da Audioreview   dove si fa riferimento all’Alta Fedeltà presente sul mercato negli anni ’70, soprattutto ad un preamplificatore che all’epoca (ma ancora oggi) stupì il mondo dell’Hi-Fi a causa di prestazioni eccezionali, tali da far impallidire componenti attuali in odore di santità audio: il mitico preamplificatore Mark Levinson JC-2 progettato, appunto, da John Curl, altrettanto mitico progettista americano.

Pensare che un componente realizzato quasi mezzo secolo fa riesca dopo tanto tempo a non sfigurare (anzi) al cospetto di prodotti attuali, non può non far nascere una considerazione più che spontanea: quali progressi effettivi sono stati ottenuti nel frattempo?

All’epoca era costoso, molto costoso – circa 2.000.000 delle sempre care ed oramai desuete lire – ma chi avesse avuto la fortuna (e forse un po’ di coraggio) di poterselo permettere non avrà di certo avuto a pentirsene, maggiormente considerando che le sue prestazioni sono ancora perfettamente attuali.

Pertanto, in alcune circostanze, il mito del componente definitivo è assolutamente solido come non mai, il che rende determinati investimenti economici sicuramente opzionabili senza riserve.

Occorre comunque essere cauti nello scegliere cosa acquistare, anche perché il mercato è ben fornito di componenti che non hanno un rapporto qualità/prezzo propriamente favorevole; uno dei fattori su cui si basano certi listini definibili oltraggiosi è spesso quella sorta di eredità che si addossa a chi ha fatto la storia dell’Hi-Fi, come se determinate aziende fossero immancabilmente infallibili e proponessero solo ed esclusivamente realizzazioni allo stato dell’arte.

Sappiamo tutti che così non è – basta documentarsi bene per scovare fior di fallimenti industriali, non solo in questo settore – ragione per la quale non basta prendere il meglio per essere al riparo da incertezze future, è necessario operare con estrema attenzione, in maggior misura quando la spesa è elevata.

Ma com’è fatto un componente definitivo?

Non serve una mente geniale per comprendere che un oggetto che intenda ergersi a rappresentante della migliore produzione audio debba obbligatoriamente essere costruito non dico senza risparmio – a tal punto solo gli esponenti più costosi avrebbero diritto di cittadinanza nel variegato mondo audio – ma per lo meno in maniera alquanto differente dalla produzione di massa.

Il preamplificatore LUXMAN CL-1000: prescindendo dal prezzo, affermare che possa essere definitivo appare quasi superfluo (27.000 euro)

 

Il cabinet di un’elettronica, ad esempio, non sarà di certo una banale lamiera piegata ma avrà superiori caratteristiche meccaniche, magari realizzato a partire da lastre di alluminio di elevato spessore assemblate tra loro tramite viteria di altrettanta qualità oppure, nelle realizzazioni più lussuose, derivato dal pieno tramite fresatura.

L’elettronica interna, a sua volta, sarà accuratamente selezionata nonché alloggiata su schede di circuito stampato (PCB) di elevato spessore e qualità; probabile che le piste siano in oro piuttosto che in rame e di elevato spessore. Cablaggio praticamente assente, potenziometri – ove previsti – selezionati dal top della produzione mondiale (sovente la nipponica ALPS) ovvero realizzati a mano, soprattutto quelli a partitore resistivo del controllo di volume o a trasformatori come nell’esempio che vedete sopra, riferito al controllo di volume del fantastico CL-1000.

Pertanto, inseguire l’eternità audio acquistando qualcosa di definitivo è probabilmente possibile, inevitabile però l’aumento dei costi, magari non eccessivo ma certamente lontano dalla produzione consumer, c’est la vie.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

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