Mercato manipolato. Nell’ultimo articolo avevo parlato della necessità di un nuovo tipo di negoziante che facesse tramite all’attuale situazione confusa del mercato.
Oggi mi occuperò di quella che, a mio modo di vedere, è una delle cause che hanno portato a questo stato di cose. Cioè gli importatori/distributori.
Nei primi anni ’80 ero il responsabile commerciale di una azienda italo/svizzera che importava, oltre ai primi LP con registrazioni digitali, molti di quelli che erano i primi prodotti inglesi non ancora diffusi in Italia. Per questo motivo, il mio compito era di girare l’Italia per presentare e dimostrare questi nuovi prodotti.
Al di là del singolo prodotto, mi ricordo ancora oggi un aneddoto che mi aveva colpito.
Dopo la dimostrazione, il negoziante mi dice: “il tuo prodotto è molto buono ed il prezzo è giusto, ma ieri il rappresentante dell’importatore X, mi ha “riempito”, e io non ho più spazio per il tuo”.
Analizziamo cosa vuol dire “riempito” in quegli anni: invio di materiale in visione con pagamenti lunghissimi, sperando che prima o poi si vendano e quindi si paghino le fatture.
Ecco quello che chiamo mercato manipolato
Questo modo di fare che utilizzavano gli importatori (dove ovviamente vinceva chi aveva possibilità economiche per reggere il gioco), distorceva completamente l’offerta, non basata cioè su scelte autonome e consapevoli dei negozianti, ma su quale importatore forniva le condizioni migliori, indipendentemente dai prodotti offerti.
Questo portava inevitabilmente a costruire impianti che non erano armonizzati al meglio tra di loro, ma erano assemblati perché venduti dallo stesso importatore.
Non sempre infatti il diffusore A si combinava con l’amplificatore B ecc.
A questo proposito racconto cosa succedeva ai CES di Las Vegas (Consumer Electronic Show, allora la più importante fiera dell’elettronica di consumo) ogni gennaio, e ne ho frequentate almeno 25 edizioni.
C’era la gara tra i distributori italiani a presentarsi per primo nello stand del produttore di un nuovo diffusore o elettronica ecc.
Chi arrivava per primo aveva buone possibilità di accaparrarsi il marchio.
In fondo, per un costruttore americano, l’Italia corrispondeva più o meno ad uno sperduto negoziante in USA, dato il volume di acquisti.
Ricordo sempre l’arrabbiatura di un distributore che riceveva lettere con l’intestazione “Dear Dealer”…
Ma quali erano i criteri di scelta dei distributori italiani?
Semplice, avere un catalogo completo, che partiva dai cavi fino ai diffusori, con tutto quello che ci stava in mezzo.
Che poi una linea di un produttore non fosse compatibile con l’altra, poco importava.
Chi non è un lettore giovane, ricorderà fiere di audio dove sarebbe stato molto più utile al risultato finale “mixare” i prodotti dei distributori.
Cioè usare i diffusori di uno con le elettroniche di un altro.
L’unico criterio era importare il più possibile, tanto che girava la battuta in quegli anni: “ci sono più prodotti che clienti”.
Tanto che, sempre al CES, l’importatore B andava dal costruttore e diceva: “quanto ti ha venduto del tuo prodotto A? io ti faccio il doppio!”
E voilà, il prodotto cambiava distributore.
Mercato manipolato. Questo cosa comportava nel mercato italiano?
Vecchi stock svenduti prima che il nuovo importatore cominciasse con la nuova distribuzione, con relativo disturbo del mercato e incertezza da parte del possibile acquirente.
Ulteriore conseguenza, prodotti che venivano abbandonati o per perdita di immagine, o perché c’era sempre la ricerca del “nuovo prodotto”.
Secondo voi questo produceva maturità nel mercato, per il bene di tutta la filiera, dal costruttore al cliente finale, oppure generava solo confusione e disaffezione?
Se oggi siamo a questo punto ci sarà stato un “prima” che ha generato tutto ciò.
Mercato manipolato. E siamo all’oggi.
E’ vero che alla fonte ci sono grandi gruppi che accorpano diversi marchi, ed in cascata questo si ripresenta nell’offerta degli importatori/distributori, ma ritengo che parte del “peccato originale” sussista ancora oggi.
Chi segue questo mercato, avrà notato il continuo “saltellare” dei marchi da un distributore all’altro.
La soluzione, a mio modesto modo di vedere, consiste nell’affidarsi a prodotti di lunga tradizione, che abbiano una storia alle spalle, sia in termini di prodotto che di distribuzione.
Questo per quei lettori, e mi auguro le nuove generazioni, che vogliono un prodotto di qualità, dal giusto prezzo, e adatto alle proprie esigenze.
In precedenti articoli, avevo parlato dell’impianto perfetto e del futuro dei diffusori amplificati.
La recente proposta di Sonus Faber, nota per i suoi diffusori stereo di alto e altissimo livello in termini estetici ed economici, che presenta un piccolo monitor amplificato, penso risponda a quanto già ribadito in quegli articoli.
Analogamente Goldmund, altra casa di altissimo livello, presenta un piccolo monitor amplificato.
La strada sembra ormai tracciata per chi vuole un buon sistema audio domestico, senza dover riempire il locale di ascolto con “armadi suonanti” pilotati da “stufe a valvole”.
Per carità, ad ognuno il suo, ma non sono questi i prodotti che salveranno il mercato.
Come nota curiosa aggiungo che i diffusori amplificati possono essere acquistati facilmente sul web, basta un cellulare per farli funzionare ed una presa a 220 volts.
Forse per questo i negozianti li odiano e li sconsigliano in ogni modo…
Alla prossima.
© 2023, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.