Prima o poi accade. Come tutte le storie d’amore le passioni iniziali si sopiscono lasciando spazio alla fredde analisi di pregi e difetti. Abbiamo visto Kong – Skull Island in Dolby Atmos in sala Energia al cinema Arcadia di Melzo.
“Ma cosa credi? Che con tua madre tutte le sere ci arrotoliamo sul letto? E’ normale che si perda un po’ di passione!”
Chi vi scrive non poteva strappare parole migliori che quelle di Mad Max, il padre sempre in collera di Jordan Belfort, per definire l’esperienza cinematografica in sala Energia.
Nel Lupo di Wall Street si parla di amore, rapporti extra-coniugale, tradimenti. L’esuberante broker vestito da Leonardo DiCaprio si confida in uno dei rari momenti con la figura paterna. Il sesso con la moglie non è bello come appena sposati. Manca un che di profumo e poesia. La relazione è sfociata nell’inevitabile abitudinario e il gallo cedrone della Grande Mela non può più soddisfare tra le lenzuola domestiche le proprie necessità sessuali.
La visione di Kong- Skull Island in Dolby Atmos presso il cinema Arcadia di Melzo ricalca le stesse dinamiche. Scopriamone assieme le ragioni in un viaggio che ripercorre, non modestamente, dieci anni di frequentazione della sala più ambita del nostro Paese.
Un Dolby Atmos che non suona come un Dolby Atmos
E’ il 2017. Quasi tutti i blockbuster hollywoodiani arrivano in quel di Melzo in codifica audio Dolby Atmos italiana. Un lusso che ci sognavamo fino a qualche anno fa. Sembrano lontani i momenti in cui si scandagliava il sito web di Arcadia per verificare la presenza o meno del mix Dolby. E’ paradossale ma oggi che il Dolby Atmos si vede un po’ dappertutto (smartphones, soundbar e kit home theatre Ndr.) ha perso gli elementi sbalorditivi che ne costituivano un’esperienza audio-visiva di prima scelta.
Gravity, Mad Max: Fury Road, Frozen rimangono titoli ineccepibili per sfruttare al meglio le potenzialità della sala. Non a caso il team di Arcadia ha riproposto i titoli in una rassegna pochi mesi fa. Tuttavia è una piccolissima selezione considerando il numero di film che si sono fregiati del marchio Dolby negli ultimi anni.
Se non altro, prima di ogni proiezione, la sala si ammutolisce quando viene presentato il promo Atmos, pensato per far interagire tutto l’ecosistema di diffusori e subwoofer. La direzionalità è bilanciata, prosperosa di dettagli e tumultuosa nelle basse frequenze. Un’accoglienza acclimatante, specialmente per chi è un novellino della struttura. Col passare del tempo, rinnovando gli appuntamenti, il promo ha sempre più il sapore di un buonissimo Gewürztraminer. Un assaggio delicato che è impossibile replicare perché, dalla seconda portata, sarà servito il Tavernello!
Ecco il promo di Dolby mostrato in Arcadia prima delle proiezione. Non ha il vigore del vecchio THX ma fa sempre la sua bella figura.
Le varianti in gioco
Il paragone suddetto, anche se può sembrare fuori luogo, è assai calzante, specialmente per le dinamiche. E’ raro, anzi rarissimo ascoltare un tripudio di effetti simili durante il film. Le grandissime aspettative createsi con la visione del promo sono quasi sempre disattese. Se il pubblico generalista riassume l’esperienza a fine spettacolo con un sintetico quanto tombale “Non si sente bene come il promo”, il più attento cinefilo si pone qualche scrupolo in più: un intrattenimento acerbo è dovuto a tantissimi fattori.
Alcuni registi curano l’aspetto fotografico più di quello sonoro. Se la pellicola non ci cattura e si rompe l’illusione di realtà è altrettanto insolito e difficile che si valuti oggettivamente la qualità tecnica (i detrattori della saga Transformers ne sanno qualcosa Ndr.); il mix magari non ha subito l’ottimizzazione necessaria per la proiezione o la sala presenta dei limiti acustici, architettonici o meno.
Le varianti influenti come abbiamo visto sono tante. Anche se preferiremmo si risolvessero tutte per garantire il miglior spettacolo possibile, specialmente in un sala ben attrezzata come quella Energia.
King Kong: il gigante che si batte il petto
Quindi come suona Kong – Skull Island?
Suona egregiamente. E’ un viaggio sulle montagne russe. Un onesto pop corn movie che intrattiene per due ore. Tuttavia non è il miglior Dolby Atmos.
L’ultima iterazione del gigantesco gorilla targata Warner Bros. ha un segmento d’apertura sbalorditivo. Durante i titoli iniziali sentiamo le mitragliatrici di aerei da guerra. E’ un segmento che riprende la seconda guerra mondiale e, con un’effettistica del tutto simile agli scontri di Pearl Harbor (2001), ne apprezziamo la localizzazione. Le pallottole silurate nelle carcasse dei velivoli sono tridimensionali, i panning sono fulminei, brevissimi ma interattivi. E presto verrà il momento di introdurre King Kong e sfoderare la potenza dei subwoofer, per cui le mitragliatrici si dissolveranno presto.
La sequenza mostrata l’anno scorso al Comic-Con di San Diego è da brividi: la zampa del gigante che afferra prepotentemente l’appiglio roccioso è un tonfo per l’intera sala. Qui i subwoofer della sala Energia si esprimono all’unisono. Per poter godere di un uguale spunto dovremo attendere che Kong si batta minacciosamente il petto, in quella che chiameremo “la notte dei fuochi” per chi non avesse ancora visto la pellicola ed evitare spoiler.
Kong viene presentato così ad inizio film. Quando l’enorme zampa colpisce il suolo è il trionfo del subwoofer e un grande colpo al cuore. (Dal minuto 1:54)
La fluidità: un limite già riscontrato per altri film
Ritenere Kong – Skull Island un mix inefficace è un abominio. Non ritenerlo invece un buon mix Atmos è una finezza. Con buona probabilità, solo chi è già un affezionato di Arcadia troverà riscontro nelle parole del sottoscritto. Perché Kong in sala Energia è uno spettacolo di tutto rispetto. Si è risucchiati dall’ambientazione anni ’70 da guerra del Vietnam. Il rosso delle fiamme è vivissimo. L’asso nella manica è una fantasia visiva così colorata da distogliere l’attenzione da alcuni aspetti, come la fluidità e il modico sfruttamento dei canali superiori.
Tra un’esplosione e l’altra, potremmo non accorgerci di alcuni difetti che affliggono i panning e i tilt.
Le riprese veloci, i movimenti di macchina in verticale (tilt) e orizzontale (panning) non sono nitidi. In uno dei momenti più iconici del viaggio, quando le truppe in elicottero incontrano per la prima volta King Kong, i panning mostrano un evidente appiattimento del quadro. I contorni soft delle sagome, in estrema divergenza con le texture sharp della fauna in CGI, si palesano quando gli elicotteri accerchiano il protagonista e quando il Re, correndo tra gli alberi, li rincorre schiantandoli al suolo.
L’attenuazione di dettaglio tagliente è ancor più fastidiosa quando la fotografia rallenta con gli slowmotion – si pensi a quando Kong scontra gli aerei come macchine hot wheels. Chi vi scrive aveva notato la stessa mancanza in alcuni segmenti di Batman V Superman, ormai un anno fa in un sala allestita Atmos ancora non ultimata; e di recente con Logan, l’ultimo Wolverine, soprattutto nella rocambolesca caccia finale nel bosco.
Warner Bros. ha pubblicato di recente la clip incriminata sul canale ufficiale youtube. Il video è processato a 24 frames per secondo, proprio come lo spettacolo in sala Energia. Il consiglio è di studiarsi la fluidità della clip di modo da fare un confronto con la proiezione in sala. Il monster movie di Warner Bros. e Legendary Pictures si è giocato le carte migliori con i vari trailer e spot tv. Al cinema rivedrete del materiale apparso online, per cui non dovrebbe esser arduo verificare di persona la nostra analisi.
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