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Il sabato con Diego. LE MERAVIGLIE DELLA PSICOACUSTICA

La Psicoacustica, ovvero la scienza che si occupa dello studio pertinente la modalità attraverso la quale il nostro cervello percepisce ed elabora i suoni che riceve, un aspetto che riveste un’importanza letteralmente capitale nella gestione del suono anche da parte di chi realizza la registrazione.

In altri articoli precedentemente pubblicati – ad esempio questo – abbiamo già passato in rassegna più o meno approfondita quelle che sono le prerogative principali che il nostro cervello sfrutta al fine di elaborare i segnali sonori che riceve attraverso le orecchie.

Un percorso che personalmente trovo interessantissimo, letteralmente affascinante, qualcosa che approfondendo nel dettaglio – e posso assicurarvi che in questo caso di dettagli ce ne sono davvero tanti – porta, almeno in parte, alla comprensione di un fenomeno che nella sua naturalezza passa spesso inosservato.

E chi, se non un appassionato di audio, sarebbe tanto curioso da indagare approfonditamente il meccanismo della percezione sonora? E quale sarebbe l’utilità di questa conoscenza che va oltre il normale nozionismo di cui ciascuno di noi è mediamente in possesso?


In effetti approfondendo il discorso si scoprono cose assai interessanti, laddove si riesce a comprendere quanto grosse siano le balle che girano nel settore, panzane che portano solo guai e che grazie all’incertezza che provocano nelle menti meno afferrate, vale a dire quelle non ancora così addentrate nell’argomento Alta Fedeltà, d’altronde nessuno nasce imparato, creano vere e proprie leggende popolari.

Questo articolo trae spunto dall’ascolto di un diffusore Bluetooth le cui dimensioni sono assimilabili a quelle di una lattina di bevanda da 33 cl, dispositivo che offre timbrica e spazialità di ottima qualità in unione a basse frequenze incredibilmente estese, aspetto che ha sollecitato una volta di più la curiosità dell’appassionato che è in me il quale, per l’ennesima volta, si è chiesto come potesse accadere una simile cosa, soprattutto considerando le inevitabili leggi della Fisica.

La pietra dello scandalo: il diffusore SONY SRS-XB13

 

Indagando più approfonditamente – ovvero facendo accurate ricerche sul Web – è uscita fuori la verità e si tratta di qualcosa di (quasi) naturale sebbene ottenuta per via elettronica, ovvero ingannando il cervello ed inducendolo a percepire addirittura qualcosa che in origine non è presente!

Come a dire che i 30Hz che sentite – o meglio credete di sentire – in realtà non sono presenti nella registrazione ma sono generati comunque da questa.

Ma come funziona esattamente la cosa?

Un po’ al contrario di quello che fa un generatore di sub armoniche, dispositivo che a partire da una data frequenza genera le armoniche inferiori aggiungendole al segnale originale che in tale modo si arricchisce di basse frequenze.

Oggidì tali sistemi sono utilizzati eminentemente nel professionale, ma a suo tempo in ambito Hi-Fi erano noti i modelli prodotti da DBX sistemi che consentivano di raggiungere inusitate prestazioni in bassa frequenza; a dire il vero all’epoca esisteva anche il meno conosciuto BASS EXCAVATOR – mai nome fu più adeguato – a marchio CERWIN VEGA, ma si trattava di un sistema operante in modo lievemente differente sebbene lo scopo fosse il medesimo.

Relativamente a quanto preso in considerazione in questo articolo, il funzionamento avviene in maniera abbastanza semplice, vale a dire mediante un circuito basato su uno stadio di ingresso contenente un filtro che rimuove dal segnale il contenuto di bassa frequenza maggiormente energetico, quello che potenzialmente manderebbe inevitabilmente in crisi l’altoparlante, usualmente di piccole dimensioni.

A seguire, lo stesso circuito opera un’opportuna sintesi delle armoniche superiori correlate alle frequenze asportate – ad esempio dei 30/40/50/100 Hz – iniettandole successivamente nel segnale che a tal punto, sebbene privato di parte delle basse frequenze, contiene comunque le relative armoniche superiori.

Questo comporta – ecco perché parlavo di sistema quasi naturale – che il nostro cervello, ricevendo questi segnali, sintetizzi a sua volta quello che manca e lo renda udibile, seppure in modo virtuale.

C’è da dire che la cosa funziona ed anche bene e chiunque può facilmente rendersene conto: basta ascoltare un diffusore di tale genere, nulla di più semplice ed evidente.

Ma la cosa ovviamente non si ferma qui laddove si consideri che, intuibilmente, la sua applicazione può essere implementata direttamente a partire dalla registrazione dell’evento – aspetto che rende il tutto probabilmente ancora più interessante – ottenendo un segnale alquanto corposo in bassa frequenza, riproducibile su qualsiasi dispositivo ma privo di quell’energia che manderebbe in crisi il riproduttore, diffusore in primis.

In ogni caso qualcosa in tal senso è già stata messa in pratica da parecchio tempo utilizzando MaxxBass, un software in grado di adempiere a questo compito ed è ascoltabile nel brano “Lady Marmalade” nell’interpretazione di Lil’ Kim, Mya, Pink e Christina Aguilera tratto dal film Moulin Rouge! (2001).

Altrettanto intuibilmente, si comprende come questo “trucco” – sebbene il termine mi sembri riduttivo e per dati versi perfino forviante – possa essere assai utile se utilizzato in ambito analogico, contesto nel quale si potrebbero ottenere dischi dotati di basse frequenze alquanto estese pur in assenza di eccessive modulazioni dei solchi.

Possiamo essere certi che già non accada a nostra insaputa?

Come al solito, ottimi ascolti!!!

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