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Il sabato con Diego. Affari Vintage: POLK AUDIO SDA-1C

POLK AUDIO è un marchio statunitense abbastanza noto anche da noi, ad esempio per la serie Reserve di cui abbiamo parlato in questo articolo. Essendo nata nel lontano 1972, numerose sono le innovazioni tecniche succedutesi nel tempo sebbene una ne sia massimamente rappresentativa: la tecnologia SDA.

SDA – il cui acronimo sta per Stereo Dimensional Array – è la tecnologia che di recente è tornata alla ribalta con il modello L-800 appartenente alla serie LEGEND, attuale top di gamma dell’azienda americana.

In questo articolo prenderemo a riferimento il modello SDA-1C ovvero la versione più recente ed aggiornata del modello posto circa a metà dell’allora corposo catalogo ed appartenente all’omonima serie – prodotta dal 1982 al 1991 – un diffusore a due vie di generose dimensioni (115x42x30) con un aspetto, forse, leggermente austero.

Relativamente alla tecnologia SDA anzidetta occorre dire che questa è nata nel 1982 da un’intuizione di uno dei fondatori dell’azienda ovvero Matthew Polk, che insieme a George Klopfer e Sandy Gross iniziarono nel garage di casa la produzione di sistemi di diffusione sonora quasi per caso.


Essendo Matthew laureato in fisica – aspetto non certo secondario nell’ambito musicale – l’intuizione prima e le ricerche poi, portarono allo sviluppo di questa innovativa tecnologia in grado di aumentare notevolmente il realismo della riproduzione musicale.

Ciò che fecero fu semplicemente, si fa per dire ovviamente, replicare tecnicamente ciò che accade in natura allorquando una sorgente sonora emette un suono.

Successivamente, studiando attentamente le modalità attraverso le quali il nostro cervello riesce a distinguere la provenienza dei suoni, nonché ragionando sulle modalità con le quali un sistema stereofonico tenta di ricostruire l’immagine fantasma tra i diffusori, riuscirono nella non facile impresa di allargare la scena acustica ben oltre il confine esterno di questi ultimi ottenendo al contempo la cancellazione della ITC (Inter Aural Crosstalk ovvero Diafonia Inter-aurale) un difetto innato in qualsiasi sistema stereofonico.

Quest’ultimo aspetto è legato al concetto proprio di stereofonia ed all’influenza che ciascun diffusore ha sull’orecchio opposto – non esistono sorgenti stereofoniche naturali – ovvero al fatto che ascoltando una coppia di altoparlanti emettere un dato suono al medesimo livello, ovviamente, ciascun orecchio sarà raggiunto da quattro stimoli piuttosto che da soli due come in natura.

Dettaglio dei mid-woofer che equipaggiano i diffusori di questa serie

 

La cosa si spiega facilmente proprio a causa delle caratteristiche di emissione di una coppia di diffusori – una coppia appunto, ovvero una doppia sorgente, non una singola come accadrebbe in natura – la cui emissione, sebbene con un certo ritardo, raggiunge comunque l’orecchio opposto.

Qui potete leggere un nostro articolo pubblicato qualche tempo fa.

Questo crea la citata diafonia inter-aurale, qualcosa che impedisce al nostro cervello di lavorare sulle informazioni sonore ricevute in maniera ottimale, generando come sotto prodotto una difficoltosa identificazione delle varie sorgenti, maggiormente dal punto di vista della prospettiva e dei relativi piani sonori poiché, in altre parole, tutto sembra allineato sullo stesso piano.

Capire il funzionamento di questo sistema richiede un briciolo di attenzione ma spiegarlo non è impossibile, sebbene per un approfondimento maggiore sia consigliabile la lettura della letteratura tecnica reperibile sul sito dell’azienda.

Tecnicamente parlando quindi, poiché come già scritto non esistono in natura sorgenti stereofoniche, quando udiamo un suono questo si presenta alle nostre orecchie con un dato livello, che ovviamente sarà tanto maggiore quanto la sorgente si trova più vicina ad uno delle due orecchie.

Va da sé che trovandosi davanti a noi – quindi uguale livello percepito – la sua posizione sarà percepita, appunto, come centrale; questo in natura.

Con la stereofonia il discorso cambia, perché due diffusori produrranno necessariamente uno stimolo doppio, e sebbene a causa di questo inganno il nostro cervello identificherà comunque la sorgente come centrale – ove il livello emesso sia identico – non riuscirà a farlo in modo netto a causa del fatto che l’orecchio sinistro riceve anche una parte dell’emissione del diffusore destro e viceversa, si crea, quindi, diafonia.

La soluzione? Annullarla ovviamente, ma non è certo semplice, eppure POLK e soci sono riusciti nell’ardua impresa.

Come hanno fatto? Aggiungendo in ogni diffusore una coppia di altoparlanti supplementari che emettono lo stesso segnale opportunamente filtrato, ritardato ed invertito di fase, questo cancella l’indesiderato stimolo supplementare annullando la ITC.

Il crossover: meno complesso di quello delle precedenti versioni, si occupa del corretto funzionamento del sistema SDA

 

In altre e più semplici parole, ciascun orecchio è raggiunto esclusivamente dallo stimolo relativo senza inopportune aggiunte, questo amplia in maniera notevole la scena acustica facendo sì che questa si espanda ben oltre i confini esterni dei diffusori.

La cosa funziona ed anche molto bene, perché a causa del fatto che l’effetto è ottenuto per via acustica, non si ha mai l’impressione di ascoltare qualcosa di artificioso – a differenza di quanto mediamente accadeva nei sistemi che per via elettronica tentavano di aggirare il problema, come l’olografia sonora di Bob CARVER – ove la sensazione naturale era proposta in maniera abbastanza insolita.

Abituarsi ad un ascolto del genere è forse l’unico “difetto” che questi diffusori presentano, laddove il ritorno all’ascolto di normali elettroacustiche fa avvertire una notevole mancanza di aria, circostanza dovuta al naturale limite che la stereofonia possiede.

Infine, qualche cenno relativamente alle caratteristiche sonore: timbrica molto corretta, basse frequenze incredibilmente possenti e dinamiche, medio-alte tendenzialmente tranquille, ovvero prive di asprezze o indebite sovraesposizioni, spazialità eccezionalmente ampia con un palco virtuale molto largo, alto e sufficientemente profondo.

Circa un eventuale acquisto, va considerato che la reperibilità nell’usato non è semplice, sia per l’elevato costo che avevano all’origine – a listino 5.500.000 delle vecchie e care lire – sia per il fatto che chi le possiede difficilmente se ne separa, in ogni caso vale la pena perdere un po’ di tempo sul web.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

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