Dopo nemmeno tre anni il sogno di Stadia e del gaming in streaming made in Google è definitivamente tramontato. La causa? Non aver fornito una formula “all you can eat” in stile Netflix
Nemmeno tre anni. Tanto è durata la parabola di Stadia, il servizio di gaming in streaming targato Google che, partito con enormi ambiziosni (portare i videogiochi a chiunque senza il bisogno di una console o di un PC gaming), si è spento mese dopo mese tra abbandoni, studi di sviluppo smembrati, produzioni originali quasi inesistenti e una tabella di marcia che non ha mai incontrato appieno gli obiettivi che Google si era prefissata all’inizio dell’avventura (ricordate la promettente integrazione con YouTube?).
Fatto sta che ieri Google ha annunciato per il prossimo 18 gennaio la chiusura di Stadia (già oggi lo store non è più accessibile), promettendo inoltre che rimborserà tutti gli utenti per i loro acquisti software (i giochi) e hardware, come nel caso del controller originale di Google o dell’eventuale Chromecast Ultra per streammare i giochi sul TV. Non proprio un fulmine a ciel sereno, ma di sicuro una bella botta per il gigante di Mountain View che va ad aggiungersi all’ormai vituperato “cimitero di Google”, pieno zeppo di piattaforme, progetti, servizi e prodotti pensionati da Google molto prima del previsto.
Questo però non vuol dire che il gaming in streaming sia morto ancor prima di essere fiorito. Microsoft, ad esempio, sta puntando moltissimo sulla sua piattaforma Game Pass che comprende anche l’opzione dello streaming, Amazon ha lanciato negli USA un servizio simile come Luna (ma anche qui… quanto durerà?), Sony ha PlayStation Plus e Nvidia è da anni che mantiene attiva la piattaforma GeForce Now.
Certo, parlando di Google molti erano convinti che Stadia avrebbe rappresentato una svolta epocale per la fruizione dei videogiochi. Risorse spropositate alle spalle, infrastruttura tecnologica all’altezza (e in effetti Stadia ha sempre funzionato bene con una connessione quantomeno decente) e un mercato con pochi concorrenti di spessore (Microsoft esclusa, naturalmente). Anzi, a un certo punto Stadia era addirittura la piattaforma gaming dove si poteva giocare meglio un mezzo capolavoro come Cyberpunk 2077.
Eppure, un po’ per una comunicazione lacunosa, confusa e deficitaria (errore madornale quando si ha a che fare con i gamer), un po’ per un catalogo di giochi ristretto e comunque quasi tutto a pagamento, Stadia non ha mai incontrato i favori del grande pubblico. Forse è proprio il catalogo che non ha mai convinto i gamer casual e quelli enhusiast.
Se infatti Game Pass, con una spesa mensile nella media per un servizio streaming odierno, permette di scaricare gratuitamente decine e decine di titoli (anche al day one) o di giocarli sempre gratuitamente in streaming su PC, Xbox o mobile, Stadia non ha mai previsto il download dei giochi del suo catalogo e, a parte qualche offerta di mese in mese, ha sempre fatto pagare lo streaming dei singoli giochi… e neanche poco.
Non era insomma un vero e proprio “all you can eat” dei videogiochi come invece è Game Pass o il recente restyling di PlayStation Plus. Immaginatevi se Netflix, anche se con un abbonamento gratuito (come lo era il livello base di Stadia) facesse pagare (anche poco) per la singola serie TV o il singolo film. Avrebbe avuto il successo planetario che tutti conosciamo? Assolutamente no. È questo che forse è mancato a Stadia. È vero che il piano Pro da 9,99 euro al mese permetteva di giocare gratis a una selezione di giochi, ma era poca cosa rispetto al catalogo generale.
Ormai gli utenti, tra musica, film, serie TV e giochi, si sono abituati ad avere tutto gratis pagando un tot mensile e questa formula, mai abbracciata del tutto da Stadia, ha contribuito al suo flop. Ci sono poi altre ragioni (marketing scialbo e fuori fuoco, connessioni casalinghe a livello globale ancora non all’altezza per lo streaming dei giochi), ma la principale è forse questa. Non aver fornito un catalogo di decine e decine di giochi streammabili gratuitamente a fronte anche di un piano a pagamento mensile per tutti (eliminando quindi l’abbonamento base), ha sancito la morte di Stadia… ed è una lezione che chiunque interessato a questo settore dovrà tenere bene a mente.
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