È inutile girarci attorno. L’abbinamento fra giovani e hi-fi, a lungo inseguito e ricercato, proprio non funziona. Gli avventori di questo mondo, di questi gusti arroccati su inespugnabili torri di cristallo, fatte di musica sideralmente distante da quanto proposto oggi (o dovremmo dire imposto) e di affascinanti elettroniche e massicci diffusori che, per un giovane, rivestono lo stesso interesse che questi avrebbe per un’auto d’epoca o una collezione delle opere di Karl Marx, di certo non sono giovani. Non facciamo gli ipocriti etnocentrici: la dura verità (e si chieda a qualunque negozio) risulta quella che vede unicamente i non-più-molto-giovani dediti all’acquisto di elettroniche, casse audio e, manco a dirlo, dischi e CD. Come si inverte la tendenza? Uno spunto, a bruciapelo. Cambiando i gusti di chi ascolta e le volontà culturali (commerciali) di chi, la musica, la propone al grande pubblico.
Giovani e hi-fi. “I giovani non sono più interessati a grandi impianti e casse audio da migliaia di Euro di costo unitario perché oggi, tramite cellulari e headset, tutti possono portarsi in giro milioni di canzoni ascoltando benissimo in cuffia”. Quante volte abbiamo sentito pronunciare, anzi sentenziare, con un pizzico di sfacciataggine e di saccenteria questa frase? A nostro avviso, è proprio la domanda ad essere autoreferenziale ad uso e consumo del mondo dell’alta fedeltà, sempre più chiuso all’esterno, fra bigottismi e dogmatismi, sempre conditi dalla costante critica all’elettronica più bella e alla volontà di strizzare l’occhio alle tecnologie massificate (in testa smartphone e streaming), ma solo quando fa comodo.
Al di là delle ovvie polemiche, la passione per l’hi-fi, per natura e costi, non può che faticare ad attrarre un giovane. Si tratta, infatti, di un passatempo assai costoso (anche se impiantini ottimi a basso costo abbondano ovunque) e impone un atteggiamento pressoché sconosciuto a molti giovani d’oggi. Si tratta di restare ad ascoltare musica, con concentrazione e meditando su ciò che essa trasmette in piena sinergia con il sistema che la diffonde sinuosamente nell’ambiente.
Troppo… Specialmente per un usus culturale, quello di oggi, dove tutto si consuma in un istante, dove ogni contenuto deve illuminare e poi bruciarsi all’istante, senza lasciare tempo al ragionamento, alla calma, alla rielaborazione. Dove tutto è urlato, ammorbato dall’istinto, non ponderato, ma slogan bestiale.
Allo stesso modo, i contenuti multimediali, così come la musica, devono trovare un breve e effimero spazio nell’infinita infodemia di nozioni. Le regole per attuare questi processi, direi di natura meccanicistica, sono due: velocità e superficialità.
Giungiamo, quindi, al problema principale circa l’insuccesso dell’hi-fi che ancora dobbiamo attenzionare fra i giovani. Non si tratta, in maniera univoca, del costo delle elettroniche o della mancanza di denaro, ma perché un’attività che richieda pazienza, attenzione sulla base di contenuti musicali di spessore (che senso avrebbe un impianto di lusso per ascoltare una produzione odierna che non nasconde neanche più la sua repulsione per la musica suonata e le melodie) è totalmente eterodossa rispetto alle meccaniche parossistiche e unicamente dedite al divertisment così tanto egemoniche.
Dobbiamo gettare la spugna o c’è ancora possibilità di attrarre i giovani alla musica che rimane e verso l’onirico piacere dell’ascolto?
Saremo risoluti, politicamente scorretti, anzi polemici, ma crediamo che fintanto che non si riscoprirà il piacere nell’ascolto della Musica, ovvero quello strano miscuglio artistico di suoni, strumenti, ritmiche e fraseggi, non ci sarà mai posto per l’alta fedeltà fra le nuove generazioni.
In altri termini, è evidente che la produzione musicale di oggi, vuoi per l’estrema aderenza a certi temi ormai plafonati, stereotipati e ovunque replicati sia affondata in un terreno paludoso dove l’estrema semplificazione di ritmiche e melodie a vantaggio di asfissie elettro-assurde ha finito per esacerbare la musica stessa dalle canzoni. Crediamo, quindi, da un punto di vista musicale, come appassionati di quest’arte prima che dell’alta fedeltà, sia ormai necessario un sonoro cambio di tendenza.
Il problema, per chiudere questo dubitabile ragionamento, risiede quindi nella cultura alla base di un genere musicale oggi indefinibile se non come uno stilema quanto più distante possibile dalla connotazione di musica. Piaccia o meno, non è questo il punto. Quello che è perentorio, però, è come questa musica sia assolutamente irriproducibile e paradossale, per non dire grottesca, se ascoltata in alta fedeltà.
Non ci resta, dunque, che continuare ad ascoltare quella musica che, con l’hi-fi, va a nozze, sperando che anche quella generalista di oggi si scosti per un attimo dalle ormai fritte tematiche omologate all’insegna di gender ed improbabili urban style per restituire un poco di melodia e sonorità ad una musica ormai gettata a capofitto verso il suo inemendabile crepuscolo. Così, magari, fra qualche anno, ci sarà qualche giovane che, imparando a comprendere la Musica, potrà anche apprezzarne una sua fruizione in alta fedeltà riscoprendo una passione infinita, ancora troppo relegata ad un mondo popolato da danarosi attempati fruitori.
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