Il noto proverbio non sbaglia: da cosa nasce cosa, pertanto, complice la prova dell’eccellente lettore audio-video multistandard DP-UB9000 prodotto da Panasonic da noi recentemente pubblicata, nonché avendo a disposizione sia la versione analogica che quella in Hi-Res del recente lavoro del grande chitarrista Franco Mussida, ci siamo immediatamente attivati per un bel confronto tra i due formati. Com’è andata? Leggete e soddisferete la vostra curiosità!
L’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire: un confronto tra il mitico ed ancora amatissimo vinile che avrebbe dovuto battersela, niente meno, con il formato HD che attualmente va per la maggiore, ovvero il BD, in questo caso nella versione Pure Audio.
Per quanto questo chitarrista possa essere conosciuto – è stato tra i fondatori della PFM ovvero la Premiata Forneria Marconi, gruppo storico del rock progressivo italiano – credo sia in ogni caso d’obbligo un minimo cenno di presentazione.
Franco Mussida è in concreto uno dei maggiori interpreti dello strumento – sia elettrico che acustico – ed è sempre stato attratto dalla ricerca e da un certo intimismo sonoro che inevitabilmente si è benevolmente riverberato nel contributo fornito alla band nonché, in tutta evidenza, nei lavori da solista che si sono susseguiti al suo abbandono, avvenuto nel 2015.
Con questo recente lavoro – uscito nell’ottobre del 2022 sia in versione analogica che digitale – propone un’opera che riporta, per le modalità realizzative, a quegli album definiti concept un tempo piuttosto noti; lavori caratterizzati da una trama di fondo cui le canzoni, inevitabilmente, fungono da scenografia allo sviluppo dell’intera opera.
Ed infatti, in ossequio a tale caratteristica, il disco rappresenta un viaggio attraverso la musica cui la fantasia di un bambino – ancora incontaminata da influssi negativi – apporta elementi talora fiabeschi, eco dell’entusiasmo tipico di una certa età.
Metto subito le mani avanti affermando che non si tratta di un lavoro semplice, anzi, ricco com’è di idee ed intuizioni sonore che letteralmente stratificano il concetto di musica rendendo questo lavoro molto bello, particolare e certamente “di lusso” piuttosto che “di nicchia”, ove a quest’ultima dicitura è sovente associato un connotato noioso, musica cerebrale direbbe qualcuno, assolutamente no, rispondo io: musica eccellente eseguita in maniera altrettanto esemplare.
Dicevamo del confronto tra vinile e BD, qualcosa che taluni appassionati nemmeno azzarderebbero nella convinzione che – per forza di cose – uno dei due formati debba essere necessariamente superiore.
Diversi lo sono certamente, ma non obbligatoriamente uno meglio dell’altro, almeno non in senso assoluto.
Tecnicamente parlando, la versione analogica è proposta su doppio vinile da 180 grammi, di cui stampa, centraggio e planarità sono perfette; ottima la copertina apribile in cartone bello pesante stampata con elevata risoluzione, anch’essa opera del chitarrista.
All’interno è presente un libretto informativo molto ben fatto con riportate, oltre che i testi delle canzoni, informazioni sull’opera, sui musicisti e sulla strumentazione utilizzata.
Grafica pressoché identica per il BD – fatte salve dimensioni giocoforza minori – con la differenza che questo formato fornisce la possibilità di ascoltare il presente lavoro con diverse ed interessanti opzioni: 5.1, 7.1, LPCM 2/ch (24/96KHz) con modalità di tipo immersivo a scelta tra DOLBY ATMOS, DTS-HD Master Audio e AURO 3D.
Davvero niente male direi!
Bene, esaurita la mole di informazioni necessarie ad introdurre il test di cui vi racconteremo – soprattutto i risultati che si sono evidenziati, per nulla scontati – è il caso di passare all’azione.
L’impianto impiegato è lo stesso che qualche tempo fa ha ospitato il lettore PANASONIC DP-UB9000: amplificatore LINE MAGNETIC LM211ia, diffusori POLK AUDIO SDA 1C cui per l’occasione, si è aggiunto un giradischi SONY vintage pesantemente restaurato dotato di fonorivelatore di tipo MM a marchio SUMIKO.
Inizio con il BD, se non altro per un concetto mentale che mi porto dietro da sempre: se questo è un formato superiore a prescindere, il successivo confronto con una sorgente potenzialmente subalterna dovrebbe essere assai evidente.
Al fluire delle prime note inizia a dipingersi sul mio volto un sorriso: generalmente parlando i suoni vantano una timbrica ineccepibile, la pienezza del corpo sonoro è incredibilmente solida e compatta, ma quello che colpisce davvero è la quasi fisica tangibilità di quello che sento, chiudendo gli occhi ho davvero l’impressione che il buon Mussida sia seduto davanti a me.
Soprattutto la sua voce, a tratti narrante, ha una morbidezza ed un effetto presenza pazzesco, pur riconoscendo che si tratta di una riproduzione devo ammettere che la presa di suono è magica, letteralmente.
La parte di bassa frequenza – che personalmente amo alquanto – è riprodotta con un corpo inusitato, quasi fisica, veemente come dev’essere, o almeno dovrebbe!
A tale proposito una precisazione: la chitarra utilizzata da Mussida – nella fattispecie una Gibson Chet Atkins – è definita baritonale e presenta una differente accordatura rispetto al consueto, aspetto che ne caratterizza l’emissione rendendo il suono molto pieno e ricco, soprattutto le note medie, ne escono notevolmente arricchite.
Il particolare uso degli armonici poi – altra caratteristica che rende unico lo stile di questo chitarrista – connota la performance in modo efficace ed esclusivo, tra l’altro la loro riproduzione è perfetta, con un decadimento ed una ricchezza (mi verrebbe da dire armonica ma il rischio è di essere cacofonico) di inusitato spessore.
Davvero un’esperienza d’ascolto molto soddisfacente, a tratti ho la pelle d’oca, ed è qualcosa che non provavo da tempo.
Passo al vinile, e contrariamente a quanto ipotizzabile – stando almeno ai classici e spesso inopportuni retro pensieri audiofili – non subisco alcuno sconvolgimento sonoro, anzi, a parte il minimo (davvero minimo) aumento del rumore di fondo dovuto all’inevitabile contatto meccanico tra il fonorivelatore e la superficie del disco, ciò che sento è oltremodo appagante; di nuovo si ripresenta la pelle d’oca, aspetto questo che dimostra quanto il lato emozionale possa essere sollecitato dalla nostra amata e benedetta musica.
In conclusione, a mio modesto avviso in casi come questo, il vincitore – a mani decisamente basse – è uno solo, anzi, una sola: la musica, e chi se ne frega del supporto!
Ecco, l’ho detto, e sinceramente non mi interessa affatto di tutte le seghe mentali tipicamente audiofile o delle immancabili critiche che potrebbero nascere – e nasceranno – sulla base di supposizioni troppo spesso basate su inutili faziosità pro-formato.
Da tempo non mi emozionavo in questo modo durante un ascolto – stupendo il caratteristico incedere blues di Afromedindian Blues – un aspetto questo che mi ha davvero colpito, evidentemente questo grande chitarrista sa esattamente come sollecitare le emozioni attraverso il suono del suo strumento.
Grande Mussida, grande la sua musica, grande, grandissimo disco, non fatevelo sfuggire.
Come al solito, e mai come in quest’occasione, ottimi ascolti!!!
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