L’insieme delle azioni che si compiono all’interno di una passione, qualsiasi passione, costituiscono un percorso fisico e mentale che porta l’appassionato a compiere scelte future al fine di conseguire risultati sempre più vicini alla sua concezione di soddisfazione personale. Con riferimento all’alta fedeltà, è certamente l’ascolto il presupposto alla base di questo hobby, un aspetto a volte caratterizzato da un eccessivo dinamismo, caratteristica che può portare ad una sorta di approccio distaccato verso il sistema audio. Parliamone.
Qualsiasi passione prevede un inizio e sebbene la scintilla che innescò in me l’interesse per l’alta fedeltà fu all’epoca costituita da uno splendido ensemble di componenti a marchio SONY – il classico trio composto da amplificatore, registratore a cassette e tuner cui aggiungere diffusori e giradischi – ero già all’ascolto (ovvero in possesso) da qualche tempo di un piccolo e compatto sistema all-in-one tipico di quei tempi: un tutt’uno a marchio PERSER, un brand italiano che insieme ad EMERSON era presente sul mercato, certamente qualcuno li ricorderà.
Si trattava di un sistema molto semplice il cui cabinet – poco più che assimilabile ad una cassetta della frutta rovesciata tanto era leggero – conteneva un giradischi completamente automatico ed un registratore a cassette; la dotazione relativa ai diffusori prevedeva due elementi di dimensioni definibili medie rivestiti in vinile nero goffrato e dotati di griglia assolutamente fissa, ragione per cui non era dato conoscere il numero delle vie (in ogni caso due) oppure la qualità degli altoparlanti.
A prescindere da questi connotati tecnici però, qualcosa che al tempo non era considerata più di tanto, questo semplice ed economico sistema era in grado di fornire emozioni a palate ogni qual volta lo accendevo.
La cosa si spiega facilmente: l’ascolto della musica era alla base di tutto.
Ricordo con vivida chiarezza i pomeriggi passati ad ascoltare dischi sia in solitaria che in compagnia degli amici, il continuo avvicendarsi dei neri e rotondi “pezzi di plastica” che ciclicamente atterravano sul piatto, l’emozione di inserire la cassetta dell’ultimo successo del gruppo o del cantante preferito e poi via, si ascoltava.
Non c’erano paturnie da audiofilo impallinato, non esistevano cavi, continue alienazioni e giri di walzer relativi ai componenti dell’impianto, maniacale attenzione al millimetrico posizionamento dei diffusori oppure alla perfetta messa in bolla del giradischi, si ascoltava e basta, ed erano forti e consistenti le emozioni che si provavano, pur a fronte degli inevitabili limiti dovuti ad una tecnologia necessariamente economica.
Bei tempi, ma a prescindere dalla nostalgia legata all’età – d’altronde non è questa la ragione che ha portato alla stesura di questo articolo – era evidentemente l’approccio all’ascolto ad essere alquanto differente da quello che, preda di un’evoluzione non necessariamente opportuna, sarebbe venuto in seguito.
Ovvero un interazione sempre più limitata con il proprio sistema.
I componenti di una volta erano ricchi di controlli – fin troppo ritiene qualcuno – ma consentivano all’utente di interagire con il proprio sistema nel tentativo di ottenere un profilo sonoro che fosse coerente con i propri gusti ed in parte, conoscendo l’importanza dell’ambiente nell’economia generale di un sistema audio, concedevano anche la possibilità di compensare quelle che erano le caratteristiche meno positive della sala d’ascolto.
Mettere su un disco costituiva una vera e propria liturgia: la propedeutica accensione dell’impianto precedeva la scelta del disco, operazione che avveniva con attenzione scorrendo lo scaffale dov’era conservato; lo si estraeva con cura dalla custodia e lo si poggiava sul piatto con attenzione, una pulitina con l’immancabile spazzolina in fibra di carbonio e si dava avvio all’ascolto.
Oltre a queste operazioni, definibili di base, si operava sui controlli di tono oppure – in caso di ascolto a livello particolarmente basso – si inseriva il circuito di compensazione fisiologica (meglio noto come LOUDNESS e purtroppo spesso temuto) oppure ancora, nel caso ve ne fosse disponibilità, si inserivano filtri destinati a migliorare ulteriormente la timbrica, tutto in ogni caso teso al piacere dell’ascolto.
Col tempo sarebbero uscite fuori tutta una serie di considerazioni che avrebbero portato una lenta eliminazione di tutto quello che contribuiva al divertimento legato all’ascolto, e quell’aspetto ludico insito in qualsiasi passione – una caratteristica che appunto ci fa divertire, ci da gioia nel vivere l’hobby che ci siamo scelti – sarebbe lentamente ma inesorabilmente scemato fino a rendere l’approccio all’ascolto sterile, freddo, distaccato e meccanico.
Qualcosa che ha portato molti ad allontanarsi da questa passione, assimilabile per sovrapposizione a certi rapporti dove un soggetto è totalmente succube dell’altro, qualcosa che porta presto al disamoramento – in modo inevitabile – proprio a causa della mancanza di interazione.
Ricorderete certamente il periodo in cui un amplificatore era composto da tasto accensione, selettore ingressi e controllo di volume, null’altro era concesso in nome della purezza. A questo, sempre sulla base di considerazioni spesso oscure o peggio di fantasia, ha fatto seguito un approccio all’ascolto algido, una continua autopsia sonora tesa all’individuazione dell’immancabile difetto – ovviamente presente anche in sistemi molto costosi – un accessorio di questa passione che ha fatto parecchi danni essendo riuscito a togliere di mezzo il gusto di ascoltare buona musica senza farsi troppe (e sovente inutili) domande.
Col passare del tempo – seppure molte aziende non abbiano mai mollato la presa – si veda ACCUPHASE, LUXMAN oppure McINTOSH che sempre hanno mantenuto ricchezza di controlli nei propri prodotti – questi amati/odiati controlli sono ricomparsi sui pannelli frontali ed è stato finalmente possibile interagire di nuovo col proprio sistema audio ritrovando l’emozione di ascoltare in modo partecipativo, certamente più coinvolgente ed attivo.
In conclusione, il suggerimento è quello di agire sempre al fine di ottenere il miglior risultato possibile all’ascolto, e se per farlo è necessario un ritocco tramite i controlli di tono non c’è alcun problema, importante è che l’emozione giunga in modo netto……sempre meglio che impazzire con cavi ed accessori inverosimili alla ricerca del Sacro (ed introvabile) Graal.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
© 2022, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.