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Elettronica di consumo: per ora le mini reti di negozi chiudono

Il mercato dell’elettronica di consumo si riorganizza e ridimensiona: chi non è al passo coi tempi rischia di non tornare più in partita

Considerare il pesante calo di punti vendita quale diretta e unica conseguenza dell’impari battaglia tra fisico ed e-commerce potrebbe produrre una visione distorta della realtà dell’elettronica di consumo, anche perché ci sono realtà che sul territorio godono di buonissima salute. È di pochi giorni la notizia della débâcle commerciale (in realtà cominciata da diverso tempo) della grande catena di negozi Game Stop, un tempo punto di riferimento per i gamer, forte non solo per il potenziale legato a grossi ordini e quindi a una maggiore scontistica, ma anche per il bacino di migliaia di titoli usati riacquistabili a prezzi potenzialmente a buon mercato.

Il colosso statunitense dei videogiochi ha trascorso anni ad assorbire altri marchi e catene di vendita e sembrava inarrestabile nella conquista di quote di mercato, ma poi, con l’avanzare della vendita online i bilanci di fine anno hanno cominciato a pesare in misura sempre più negativa. I numeri in rosso hanno provocato un effetto domino di serrate e un’emorragia di perdite che, ancor oggi, non sembra arrestarsi. Fatti salvi i punti in franchising della catena con diverso potere decisionale rispetto alla direzione centrale, si ha sempre più difficoltà a tenere il conto di quelli in chiusura, in primis negli Stati Uniti.

Colpa dell’e-commerce? In parte è indubbia la diversa e aggressiva concorrenza dei negozi virtuali cui è davvero difficile tenere testa, ma almeno per Game Stop l’attuale situazione è anche dovuta alla scelleratezza delle politiche commerciali e, delle deleterie strategie di mercato, che hanno spinto alla messa in liquidazione di molti operatori. I prezzi dei nuovi prodotti presso Game Stop sono da sempre tra i più alti del comparto e per coloro desiderosi di possedere il titolo al fatidico ‘day one’ o addirittura in anteprima questo ha pesato enormemente sulla scelta di recarsi in negozio a prenotare invece che procedere online, risparmiando.


Ulteriormente disastrosa poi la scelta di ritirare un gioco usato anche solo con poche settimane o mesi di vita per qualche misero euro (quando i prezzi di lancio delle novità arrivano a toccare anche le 70€) andandolo a rivendere a cifre sconsideratamente superiori, contribuendo all’allontanamento e perdita della fidelizzazione. A questo si aggiunga la realtà legata al declino tout-court del fisico (ha sorpreso quindi sapere che PlayStation 5 e Xbox Series X monteranno un lettore UHD Blu-ray) e acquisti in liquido a prezzi inferiori, oltre ad abbonamenti online di major del gaming che consentono di fruire di vaste library di produzioni passate senza l’obbligo della vecchia console e relativo dischetto (che un infausto giorno potrebbe divenire illeggibile).

Caso diverso quello della catena americana dell’audio BOSE, che ha annunciato la serrata nei prossimi mesi dei 119 negozi tra Stati Uniti, Europa, Giappone e Australia, lasciando invece aperti altri 130 punti vendita per parte di Asia, Emirati Arabi, Cina e India. I volumi di vendita di fatto non sono nemmeno in calo, ma si sono spostati online a scapito del negozio fisico. Nel corso del tempo BOSE non ha mai disdegnato politiche di vendita a prezzi importanti in virtù della qualità dei propri prodotti, offrendo apparati ben suonanti sopra la media anche se poco riconosciuti dal mondo audiofilo.

Qui però vale la pena una riflessione relativa alla velocità con cui è cambiato l’approccio all’acquisto di elettronica di consumo, che si tratti di elettrodomestici per la cucina e pulizia della casa piuttosto che per l’intrattenimento, fidandosi sempre più di negozi virtuali dove non è certo possibile toccare con mano il prodotto. Per chi per esempio possiede una certa cultura di base audio/video potrebbe essere meno facile incappare nell’incauto acquisto online, ma è altrettanto vero che un impianto audio prima di farlo proprio necessita di un ascolto presso un ambiente volto a valorizzarlo e dimostrarne la qualità.

Fin tanto che si tratta di un piccoli sistemi Hi-Fi da poche centinaia di euro potrà anche essere vincente l’e-commerce, quando però le cifre salgono anche di molto la prova di ascolto diventa d’obbligo. Come pensa quindi Bose di dimostrare i propri prodotti in quei Paesi dove non ci saranno più negozi fisici? Chi non conosce il brand è più probabile che non potrà scoprirne le doti tecniche, o qualcuno pensa che qualche video dimostrativo in rete possa essere sufficiente a convincere l’acquirente?

Spostando il baricentro dell’attenzione al nostro Paese c’è un’altra ex-importante realtà dell’elettronica di consumo come quella di Galimberti, socio all’interno della GDO Euronics, la cui insolvenza sta mettendo a rischio gli ultimi 250 dipendenti di una catena che solo sette anni fa contava qualcosa come 600 lavoratori. Al momento sono ancora aperti i negozi presso Lombardia e Veneto, ma non si hanno certezze di stabilità nemmeno nell’immediato. Galimberti è in amministrazione straordinaria, un giudice ha già nominato un commissario con un mese di tempo per capire se il prossimo passo sarà la procedura di fallimento.

Solo qualche mese fa il tribunale aveva dato il via libera al piano di consolidamento dell’azienda in seguito a valide garanzie poste in essere, ma la risposta dei creditori era stata negativa. Euronics dal canto suo ha precisato che “le forti difficoltà di Galimberti Spa non possono essere associate in alcun modo al marchio Euronics nel suo complesso”. Euronics è da sempre vicina ai propri clienti e anche in questa particolarissima situazione, attraverso il proprio servizio clienti – prosegue la nota – è a disposizione per raccogliere le eventuali necessità riferite ad acquisti effettuati nella rete dei punti di vendita della Galimberti Spa”. Di nuovo il dito puntato contro e-commerce, crisi economica, consumi cambiati, il problema del commercio al dettaglio. Anche qui, ed è più che una sensazione, è che sia la dirigenza a non aver compreso come invertire la rotta, tornare padroni di un mercato che per quanto mutato e mutevole c’è e continuerà a esserci.

Un quadro disarmante per l’elettronica di consumo dove l’unica via del consumatore sembra essere sempre più quella dell’e-commerce, eppure almeno una realtà in controtendenza nella grande distribuzione organizzata sembra esserci: Unieuro. Approfittando della crisi di Mediaword, la società tramite importantissime acquisizioni e ricorrendo all’indebitamento, è diventata leader del mercato raggiungendo 500 punti esposizione e vendita. Anche se avevamo già segnalato tale realtà, peraltro con spazi disomogenei su cui pareva difficile creare un progetto riconoscibile, il tempo sembra aver dato ragione a diverse politiche commerciali.

Lo dimostrano i primi nove mesi dell’esercizio 2019/2020, confermando crescita e ricavi pari a 1,76 miliardi di euro, con un avanzo netto di cassa di 31,5 milioni di euro a fine novembre 2019. Giancarlo Nicosanti Monterastelli, Amministratore Delegato della catena di elettronica di consumo ed elettrodomestici, ha così dichiarato: “Unieuro è una macchina rodata, con una strategia corretta, un business model efficace e una squadra che ha ampiamente dimostrato di saper creare valore. Sebbene le condizioni di mercato restino sfidanti, gli ottimi dati preliminari di dicembre ci rendono ancora una volta fiduciosi di poter rispettare le attese dei nostri azionisti, confermando la nostra leadership, non solo in termini di ricavi ma anche di redditività”.

Unieuro quindi di nuovo ‘mosca bianca’ di un mercato del fisico in declino, l’unica realtà che non sembra aver perduto il filo conduttore della propria “mission” sul mercato, comprendendo che le vendite in negozio non possono essere paragonate a quelle nell’universo liquido dell’e-commerce.

Sono state trovate nuove idee? Piani di rilancio del settore retail realmente competitivi portando ad arginare la voragine di Internet? Vogliamo credere che, rispetto per esempio alla dirigenza BOSE, si sia riusciti a comprendere uno dei capisaldi della vendita in negozio fisico: portando il cliente a recarsi presso di esso dove toccare con mano il prodotto, provarlo e acquistarlo, convinti di quel concreto servizio in più che nessun e-commerce al mondo potrà mai offrire.

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