Dilagano on line opinioni sul rilasciare in streaming indistintamente i titoli big delle major. Analizziamo i motivi per cui ciò non accade
Dedichiamo questo approfondimento ad un argomento molto “spinoso” – almeno per quanto riguarda produttori e distributori – di cui abbiamo notato esistere una certa “visione distorta” leggendo diversi commenti in rete. Ci riferiamo alle modalità di distribuzione alternativa in tempi di crisi sanitaria, in particolar modo del prodotto cinematografico. Non è infrequente imbattersi in taluni commenti, specialmente su gruppi social dedicati, nei quali l’improvvisato esperto di turno si duole e meraviglia allo stesso tempo su come “sia inaccettabile” tenere nel freezer film “di caratura”, come 007 e Black Widow, invece di mandarli in streaming – saltando a piè pari la sala – passando così felicemente “all’incasso immediato”. Donando in tal modo immensa gioia agli irriducibili, “provati” da così tanta attesa. Livello di gioia inversamente proporzionale a quella degli sventurati produttori i quali – in contrasto a pareri tanto “eminenti” – si guardano molto bene dal farlo. Cerchiamo di capire nel seguito il perchè.
Un film – ma il discorso si applica ugualmente a serie TV, live o show vari – per chi lo produce non è nulla più che un investimento. Spesse volte, come i casi dei kolossal del cinema, un consistente investimento. Come tale, il produttore prima ed il distributore poi, si aspettano che ad una certa somma di vil danaro pagata segua una somma ben più congrua incassata. Il rapporto tra le due individua quanto “redditizio” sia stato l’investimento, permettendo a chi “caccia” il grisbì – leggasi azionisti e banche – di identificare ove indirizzare preferenzialmente le proprie risorse. Il procedimento appena descritto, ovviamente, prescinde in toto da eventuali “turbe emotive” di cui lo spettatore medio può essere vittima nell’attesa di visionare il prodotto: i soldi non hanno data di scadenza.
Va da sè che più l’investimento è consistente più il ritorno deve essere elevato, in tal senso si opera come l’aliquota in sede di tassazione: a gruppi di investimenti più grossi devono corrispondere rapporti di redditività più alti. Il che ci porta alla capacità di generare entrate ed al concetto di marginalità. Una distribuzione in sala genera usualmente un margine di guadagno superiore alla controparte streaming. Questo per diversi motivi, in primis il costo del biglietto e la relativa possibilità di “forzare” percentuali maggiormente favorevoli al distributore: di fatto le percentuali di “split” degli incassi sui titoli di richiamo arrivano a superare anche il 60%. In aggiunta a questo margine incrementato esistono delle voci secondarie che lo streaming non contempla per sua stessa genesi: le pubblicità, le sponsorizzazioni ed il merchandising. Senza entrare troppo nel dettaglio, si tenga conto che per ogni spot e/o trailer che viene proiettato in sala prima di un film come Black Widow, una percentuale dell’entrata pubblicitaria finisce alla Disney. Stesso discorso per cibo, bevande e merchandising venduto nella struttura e griffato Marvel. Queste voci alla fine costituiscono un margine aggiunto dal peso non indifferente.
Si potrà obiettare che dal lato streaming la platea di utilizzatori è – teoricamente – più vasta ed i relativi costi di distribuzione minori. Pur risultando ciò sostanzialmente vero per entrambi i casi, l’inevitabile collo di bottiglia si posiziona sul margine di entrata più ridotto. Pur avendo una grossa fetta di abbonati e costi spremuti, l’entrata “attribuita” al prodotto che si distribuisce – il quale deve spartirsi il guadagno con tutto il resto – è fortemente limitata dalla bassa soglia dell’abbonamento, indispensabile per attirare nuova utenza. Non solo. Se da un lato il contenimento del prezzo è necessario per allettare la vasta parte di pubblico afferente al club “tutto a volontà”, è pure necessario fornire loro di continuo nuova contenutistica. Aspetto che rende necessarie strutture dedicate ed investimenti – pur di valore singolarmente contenuto – molto frequenti nel tempo. Tutta “concorrenza” che andrebbe a ridurre le quote entranti del nostro kolossal. Questo già spiega alcuni aspetti delle strategie che si vedono quotidianamente, incluso il reiterato rinvio dei grossi calibri cinematografici.
Cosa accadrebbe se un film come 007 o Black Widow fosse distribuito in streaming? Dal punto di vista squisitamente finanziario, il suo costo di realizzazione – ivi inclusa la pubblicità – verrebbe “spostato” dalla divisione theatrical che l’ha commissionato – la quale possiede un certo potere di rientro – alla divisione home video/streaming che ne ha uno, come visto prima, ben inferiore. Il risultato sarebbe una perdita netta nell’introito atteso, con ripercussione sull’indice di redditività del produttore e – quindi – sul suo azionariato. Un esempio lampante è Mulan: primo tentativo di raggiungere un compromesso distribuendo in streaming previo pagamento per l’accesso VIP, così da fornire almeno “un rinforzino” alla differenza di rientro attesa. La cosa non ha purtroppo funzionato a dovere, in quanto l’aver destinato interamente Mulan ad un mercato che fa del “tutto a volontà” il suo punto di forza, unitamente al fatto di aver voluto includere il film al normale circuito Disney+ dopo solo 3 mesi di esclusiva VIP, ha di fatto “ammazzato” gli incassi. Disney non ha mai rivelato l’entità del “danno” – ha anzi secretato gli incassi dopo le prime settimane – ma da quanto trapela tra gli addetti ai lavori, si parla di un incasso globale attorno ai 250 milioni, a fronte di oltre 300 di costo, marketing escluso. Perdite – ironia della sorte – mitigate in parte dalle vendite su supporto fisico, dal momento che lo sfruttamento streaming si era già consumato quasi del tutto.
Per arginare il problema si è successivamente adottata la politica dell’accoppiamento “accesso VIP + distribuzione in sala”, apparentemente più salvifica. Almeno fino quando esisteranno limitazioni date dalla situazione sanitaria. L’intento è quello di “catturare” con l’accesso VIP gli irriducibili – quelli che ad aspettare tre mesi la normale distribuzione “all in” non ce la fanno – ed al contempo rastrellare introiti ad alto margine laddove possibile. Suddividendo così l’investimento su due diversi centri di costo. Anche qui, tuttavia, ci si espone a potenziali emorragie di entrate: differentemente che al cinema, dieci persone possono tranquillamente trovarsi e suddividere i 21 euro richiesti, abbattendo di parecchio il potere di rientro. La strategia, alla fin fine, è vantaggiosa fino quando permangono le limitazioni sanitarie: quarantene, limiti di spostamento e quant’altro riducono molto il “leak” della precedente modalità. Tutto questo prescinde – ovviamente – da discorsi qualitativi, sociali e relativi impatti.
Nonostante questo esistono comunque esempi di distribuzione “in contemporanea” che prescindono completamente dal buon senso finanziario. Il più eclatante è quello intrapreso da Warner Bros, la quale per il 2021 ha deciso di andare in tandem nelle sale (ove aperte) e su HBO (ove disponibile). Assodato che finanziariamente tale modalità è penalizzante per i motivi sopra esposti, nel caso in questione la scelta è stata giustificata dalla volontà di “spingere” la piattaforma HBO. In pratica le perdite subite da film con Wonder Woman 1984 e Godzilla vs Kong verranno indicate come voci di investimento teso all’aumento del parco abbonati di HBO. Una strategia lecita, almeno sul medio periodo, che ha il pregio di distogliere le difficoltà del theatrical ribaltandole sull’on-line, ritenuto maggiormente in grado di “assorbire” passivi in ragione delle previsioni di crescita. Ciò tuttavia non argina nè risolve il problema di fondo, semplicemente gli cambia il nome: una perdita, di fatto, rimane una perdita. Un buon analista finanziario, questo tipo di furbate, le sa cogliere al volo.
E’ in pratica quanto accaduto con Godzilla vs Kong il quale, in concomitanza con la riapertura dei cinema negli stati chiave USA a seguito dell’avanzata campagna vaccinale, ha iniziato a macinare consistenti incassi in sala. Riportando a galla il cospicuo gap unitamente all’emicrania dei CFO ed alla furia degli azionisti. Come conseguenza – tra l’altro già ventilata in tempi non sospetti – pare che il prossimo Dune di Denis Villeneuve non andrà in contemporanea streaming il prossimo autunno, ma esclusivamente in sala. Almeno all’inizio. Per la gioia dei cinefili e dei produttori ed il disapputo dell’orda di mancati CEO che popolano i social.
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