Era da parecchio tempo che annotando i migliori cd jazz per qualità di incisione scoprivo sempre lo stesso nome del sound engineer: Stefano Amerio di Artesuono.
La curiosità era tanta e così armatomi di coraggio e un po’ di sfrontatezza ho rintracciato Stefano Amerio tramite Facebook e gli ho chiesto di poter andare a trovarlo nello studio di Udine per conoscerlo ed assistere ad una sua studio session.
Il gentilissimo Stefano mi ha prontamente risposto e mi ha invitato in quel di Cavalicco, periferia di Udine, dove nel suo studio “Artesuono” registra i mostri sacri del jazz internazionale. Senza pensarci su un attimo ho affrontato i 500 km che mi separano da lui e ne è nata l’esperienza che sono qui a condividere.
Arrivo mentre stanno registrando il loro primo cd dei giovani jazzisti friulani di cui non mancherò di scrivere. Vi anticipo che la band è un quartetto composto da pianoforte, batteria, contrabbasso e sax. In questo modo ho l’opportunità di vedere Stefano in opera sul suo mixer Studer Vista 8 Digital Mixing System, installato nel 2019 e che ha sostituito il glorioso analogico Otari Elite+. Mentre cerco di passare il più possibile inosservato, per non disturbare i lavori in corso, non posso fare a meno di notare sulle pareti della sala regia i vari attestati che si è guadagnato nel corso degli anni. Corso professionale con nientemeno Al Schmitt (Sound Engineer di Diana Krall), di cui era divenuto anche amico, una nomination ai Grammy Awards (!), premi e vari attestati di stima tra cui quelli di Enrico Rava , Tingvall Trio e la cantante Viktor Lazlo.
Approfitto di una pausa dei giovani musicisti per porre qualche domanda a Stefano Amerio.
AF: Come hai fatto ad entrare in contatto con Enrico Rava?
Stefano Amerio : All’epoca c’erano due musicisti friulani che facevano parte della band di Enrico Rava, gli Electric Five: Umberto Trombetta Gandhi alla batteria e Giovanni maier al contrabbasso. Con U.T. Gandhi sono diventato grande amico e durante la registrazione di uno dei suoi cd solistici ha chiesto ad Enrico Rava di registrare un paio di assoli. Enrico Rava, dopo un concerto che fece in Regione, venne in studio, con un po’ di perplessità iniziale in quanto lo studio era primordiale e non faceva una grande impressione. Quando però andò in sala di registrazione rimase impressionato da come sentisse bene la sua tromba in cuffia; il suono era proprio quello che aveva sempre desiderato. Da lì iniziai a fare molti lavori con Enrico Rava perchè chiedeva sempre al gruppo che lo ospitava di venire a registrare da me. Ho quindi avuto l’opportunità di avere moltissimi contatti con musicisti quali ad esempio Stefano Bollani. Ad un certo punto Enrico Rava mi telefonò dicendomi che dopo diciannove anni ritornana a registrare per ECM e che voleva assolutamente venire a realizzare il lavoro da me. Wow pensai! Io ero però perplesso perchè ECM ha studi megagalattici dove sono passati i più grandi jazzisti al mondo. Enrico mi disse di non preoccuparmi e così a febbraio 2004 arrivò nel mio studio il boss dell’ECM, Manfred Eicher in persona! Arrivò mentre la sessione era iniziata. Si sedette ad ascoltare alle mie spalle mentre io “tremavo”. Poi fece un giro in studio a vedere quali microfoni stessi utilizzando e la varia attrezzatura, dopodichè disse: “Va bene, continuiamo pure a registrare” e così iniziò la mia avventura con ECM. Da lì è nata una solida collaborazione ed una bella amicizia.
Ad oggi ho inciso più di cento cd per ECM. E’ arrivata anche una Grammy nomination con un disco interamente realizzato qui. Entrando a far parte della famiglia ECM il nome dello studio è diventato famoso grazie ai passaparola; sono arrivate allora anche la Skip Records, la ACT, la CAM JAZZ, la Universal, la Sony e molte altre. Nel 2022 lo studio compie 32 anni. Ho registrato quasi 3000 dischi. Dal 1996 ho preferito scegliere di registrare jazz e musica acustica.
AF: Registri live senza sovraincisioni?
SA: sì, i musicisti suonano in libertà ed io registro, senza interventi particolari. Qui in regia questo è il mio terzo banco mixer. Dopo la mia prima registrazione ECM Manfred Eicher ha chiesto di fare un upgrade dell’attrezzatura utilizzata e lì ho avuto qualche perplessità perché i costi sono proibitivi. A forza di cercare ho trovato un banco OTARI nuovo che è andato a sostituire un TEAC che non ce la faceva più; così nel 2003 ho fatto il salto di qualità ed a settembre 2019 è arrivato il banco STUDER che utilizzo tuttora. E’ un digitale di fascia alta con cui già lavoravo in Radio Svizzera Italiana.
AF: All’inizio registravi su nastro?
SA: Sì la mia prima macchina fu un Tascam TSR 8 con riduttore di rumore DBX 8 canali su 1/2 pollice. Avevo poi adottato il DAT in quanto già pensavo al digitale. In seguito sono passato ad un 24 piste della TASCAM con Dolby S, con un suono molto più naturale rispetto al DBX. Poi sono passato al sistema digitale Alesis ADAT XT che come supporto utilizzava videocassette S- VHS. Nel ’95 sono passato al sistema basato su computer Apple con software Avid Pro TOOLS e da allora sono rimasto su questa piattaforma che ha avuto diverse evoluzioni. Negli ultmi anni ho adottato lo standard di lavorare in digitale 24 bit 96 Khz. Malgrado ami tutt’ora l’analogico il digitale offre grandi praticità d’uso e mi permette grandi possibilità di manipolazione dell’audio. L’analogico piace perché gran parte dei transienti vengono smussati, cosa che nel digitale non avviene. Questa cosa all’orecchio piace molto perché appare più naturale e affatica di meno. Il lavoro finale, con un banco digitale come lo STUDER, dà la possibilità di cogliere ogni dettaglio ed ho dovuto reinterpretare quanto facevo con il banco analogico; usando apparecchiature esterne per smussare i picchi di segnale, rivedendo l’equalizzazione, ecc; ora però sono contentissimo del risultato. Precisione, dettaglio e calore allo stesso tempo.
AF . Che diffusori usi per il monitoring?
SA : In questo momento i “main monitor” della regia sono Genelec 1038B triamplificate , woofer da 15 pollici, medio da 5″, e tweeter da 1″ con finali dedicati 400 watt sui bassi, 120 sui medi e 120 sugli acuti. Ad aprile saranno sostituite dal nuovo modello 1238A con DSP per la correzione ambientale. Uso poi le Audel Magika 2, siciliane, realizzate artigianalmente da Walter Carzan; hanno un grande successo in Asia ed all’estero. Poi ho le Yamaha, non le NS 10 famose, che ho avuto per parecchio tempo, ma che non ho apprezzato molto, ma le nuove HS 50, portate da un mio assistente per una prova e poi rimaste qui. Sono un’evoluzione moderna ed amplificata delle NS10, da non confondere con la serie nuova che si chiama HS 5/7/8 che suonano falsissime, con bassi esagerati, alti taglienti e medie inesistenti. Da un po’ di tempo uso poi le Acoustic May Bontone monovia che mi aiutano a farmi un’idea di come suonano i brani su apparecchi piccoli (telefonini, laptop, ecc.) Sono realizzate artigianalmente a Lecce e sono amplificate. Mi trovo benissimo con questi mini monitor. Ogni tanto uso altre casse, come le Pro Ac 100 e B&W805S oltre a dei prototipi che alcuni amici mi portano da testare. Il finale di potenza che uso per le casse passive è un Bryston 3BST collegato direttamente all’uscita del banco mixer Studer Vista 8. I suoi convertitori 24 bit 96 Khz sono ottimi; gestisco oltre 100 canali analogici ed un’infinità di canali digitali.
AF : Il Master come lo crei?
SA : Una volta che sono dentro il software Pro Tool o mixo con esso oppure sempre in dominio digitale sul banco ed esco su macchine esterne quali il TC Electronics System 6000 mk II o il Finalizer 96+ e il limiter Wawes Max BCL che non mi serve per “schiacciare la dinamica” ovviamente ma a livellare solamente eventuali picchi che andrebbero a distorcere il segnale. Vi sono poi nello studio diverse macchine analogiche, prevalentemente compressori a FET o valvolari, che vengono collegate in dominio analogico dopo il preamplificatore del banco prima della conversione AD. Spesso e volentieri passo attraverso queste macchine esterne per smussare i transienti veloci che le macchine digitali ci consentono di registrare e dare quel tocco di “analog sound” che tanto adoriamo. Come riverberi ho il classico Lexicon L480 e il suo erede Bricasti M7 con controller esterno.
AF : Che tipi di microfoni usi?
SA: ho una grande collezione di microfoni, più di 100. Adoro gli Schoeps di cui ne ho diverse tipologie, i Neumann, di cui ho una collezione, tra cui uno stereo SM69 ifet con capsule selezionate a mano, ed è strepitoso. Con un Tascam DR 100 mk III e questo microfono Neumann si riescono a realizzare registrazioni strepitose a 24/96. Ho una coppia “matched pair” di Neumann U47 ifet vintage, Bruel & Kjaer, di cui due regalati da Manfred Eicher, ed erano suoi personali, una serie di DPA, ecc. Sulla cassa della batteria utilizzo un CAD Equitec E100, poco conosciuto in Italia, acquistato agli inizi della carriera, ed è insostituibile per la cassa jazz. Ho poi degli Audio Technica e degli strepitosi AKG The Tube valvolari eredi del famosissimo C12. Hanno una peculiarità per la ripresa del suono dei fiati. Due di questi all’interno sono stati modificati da AKG su mia richiesta e trasformati in veri C12 al 100%. Ho poi microfoni a nastro AEA e Royer, degli Shure vintage bellisssimi, ecc. Generalmente uso però sempre microfoni a condensatore.
AF: Di solito fai riprese multimicrofoniche?
SA: Faccio sempre riprese multimicrofoniche nonostante molti sostengano che con due soli microfoni si riesca a realizzare un master. E’ anche vero ma non se si desidera dettaglio e precisione. Per quanto riguarda i cavi sono tutti della Klotz, Canare o Belden. Le cuffie che uso in studio sono delle Beyer Dynamic DT250, per un motivo pratico: oltre alla qualità sonora hanno la possibilità di sostituire i vari pezzi che eventualmente si rovinano o si rompono con l’uso da parte dei musicisti. Per l’ascolto personale le cuffie che uso sono le DT880 e le DT770 Pro 250 ohm.
Un rapido giro per lo studio mi permette di notare un pianoforte a coda Fazioli F278 mk III, una batteria Yamaha portata dal musicista e diversi altri strumenti a disposizione dei musicisti. Lo studio è dotato di vari kit di batteria acustica di marca Pearl, amplificatori per chitarra Fender e Vox, piano elettrico Fender Rhodes 88 mkI, un bellissimo Wurlitzer 200B e uno splendido organo Hammond C3 con Leslie valvolare e a transistors.
Alla fine della registrazione ho la possibilità di scambiare due parole con il leader della band di giovani jazzisti alla loro prima registrazione in studio Artesuono: si chiama Francesco Vattovaz, ha 22 anni, batterista nato a Trieste, sta finendo il triennio accademico Jazz al Conservatorio Tartini.
Ecco cosa ci dice: “Il primo CD esce a nome mio; il progetto è nato un anno fa da una mia idea e vuole essere un incontro artistico tra due generazioni diverse. I pezzi sono scritti da me e da Giuliano Tull, sassofonista. Il gruppo è nato per questo progetto. Con Francesco De Luisa avevo già suonato mentre con Alessandro Turchet mai prima d’ora. Sono musicisti fantastici. Stefano Amerio è super. Suoni fantastici, il massimo che si possa avere. Il mio artista preferito è Pat Metheney, anche se è un chitarrista. Tra i batteristi amo Jack Dejonnette, Antonio Sanchez, Peter Erskine, Steve Gadd. Amo il jazz fusion, Keith Jarrett, ecc. Mi piacerebbe anche pubblicare la versione in vinile e metterlo in rete su Spotify.”
Auguriamo meritato successo ai giovani jazzisti che sicuramente partono con un must: l’avere dalla loro il grande sound engineer Stefano Amerio.
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