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Altoparlanti attivi, alimentati e passivi: quali scegliere?

Altoparlanti attivi, alimentati e passivi: quali le differenze sostanziali e le ragioni per una scelta più ponderata nell’ambito dell’ascolto Hi-Fi

Nella loro forma più semplice i tradizionali sistemi hi-fi stereo sono costituiti da una sorgente, un amplificatore integrato e una coppia di altoparlanti passivi. Andando a spezzare il percorso del segnale lo si può suddividere in un maggior numero di sezioni distinte, la maggior parte delle quali sono raggruppate in questo semplice set-up.

In un sistema passivo si parte come sempre dalla fonte che riproduce la musica. Può essere un lettore CD, uno streamer digitale, un giradischi piuttosto che un computer o un telefono. Subito dopo è presente la sezione di preamplificazione, che commuta tra le fonti e controlla il livello del volume. Sfruttando un giradischi occorre uno stadio phono per aumentare il livello di uscita ed equalizzare il segnale prima che transiti per il circuito del preamplificatore (abbiamo omesso lo stadio phono dal diagramma sottostante per non complicare troppo).

diffusori passivi schema

Dopo il cosiddetto driver che pilota la corrente occorrono “muscoli”, quindi il segnale deve venire aumentato abbastanza dall’amplificatore di potenza quanto basta per pilotare un paio di altoparlanti. Il suddetto segnale non può ancora raggiungere i trasduttori che genereranno il suono udibile, prima deve attraversare i filtri crossover che indirizzeranno le alte frequenze verso i tweeter e il resto per la parte dedicata ai medio bassi. Nel caso di un altoparlante a tre vie il crossover divide il suono in tre parti: alti, medi e bassi. Il crossover in se non ha bisogno di una fonte di alimentazione per funzionare e in questo senso è considerato elemento passivo. Questo è grossomodo il percorso del segnale in una configurazione passiva convenzionale.


In un sistema attivo le cose sono le stesse fino a dopo il transito attraverso il preamplificatore. Il segnale dal preamplificatore entra in una rete crossover attiva. Si procede quindi allo stesso lavoro del crossover nell’impostazione passiva, ma funziona a livello di linea (tensione a circa 2V) anziché a livello di altoparlanti (tensione in genere 15-35V). Lavorare a livelli più bassi di segnale significa che i componenti utilizzati possono essere ottimizzati per una maggiore precisione senza preoccuparsi della gestione della potenza.

diffusori attivi schema

Un tale progetto normalmente utilizza componenti attivi e, su prodotti più sofisticati, in genere è presente una qualche forma di elaborazione del segnale (digitale o meno) per ottenere il meglio dai driver. Il risultato è una rete di filtri (potenzialmente) molto più accurata nel suo funzionamento che fornisce un suono integrato, ulteriormente ottimizzato e meno soggetto a distorsioni. Ogni banda di frequenza separata del segnale proveniente dalla fonte viene quindi inviata a un amplificatore di potenza dedicato per ciascuno dei diffusori. Elemento qualitativo non di poco conto rispetto al sistema analogico passivo è il segnale stesso, che in presenza di un sistema attivo resta in forma digitale venendo convertito solo un attimo prima che diventi suono udibile. Ciò evita l’innesco di ulteriori disturbi.

Lo schema relativo alle casse attive in linea generale è corretto, in particolare per apparati con una concezione più classica dell’ascolto Hi-Fi specie se si proviene dall’ascolto analogico. In tal caso ha ancora senso parlare di preamplificatore disgiunto dalla catena di controllo dell’amplificazione, con ingressi più vintage come il collegamento al piatto, al CD player o elettronica ulteriormente desueta come MiniDisc, DCC, Stereo 7.  In tal senso l’universo dei diffusori attivi si è evoluto nel tempo con elettronica integrata, dove preampli e amplificatore albergano nel medesimo diffusore così come il crossover e l’unità DAC di conversione del segnale da digitale ad analogico.

casse attive
Le Kef LSX sono il tipico esempio di casse attive multimediali

Se si ha fretta e magari non si dispone di particolari conoscenze in merito, la scelta delle casse attive potrebbe essere quella giusta. A differenza di grandi classici (sempre verdi) come le AudioPro A4-14 MK II i diffusori contemporanei hanno potenzialità immense quanto a connessione via wireless, Bluetooth AptX, allaccio via rete anche fisica e aprono subito a un mondo di ascolto digitale anche in streaming e quindi incredibilmente versatili.

Chi è migliore?

Sulla carta i diffusori attivi hanno tutta una serie di vantaggi. L’ingegnerizzazione dei crossover offre al progettista un controllo molto maggiore sul segnale ed è molto meno soggetto a perdite e distorsioni rispetto a un’alternativa con filtro passivo. Poiché l’amplificazione di potenza fa parte del progetto stesso può venire ottimizzata per gli specifici driver che compongono l’altoparlante. Dato che la sezione di amplificazione è normalmente integrata viene meno anche il problema dei cavi, che in modalità passiva connettono l’amplificatore ai diffusori, evitando distorsioni e perdita di resa in funzione dei cavi stessi. In poche parole c’è un migliore controllo e la qualità è maggiormente favorita.

altoparlanti attivi
Le Audio Pro A4-14 sono un esempio di casse attive tra le migliori mai realizzate negli anni ’80

Si tratta di benefici importanti legati ai diffusori attivi, ma ci sono anche aspetti negativi, legati perlopiù al fatto che non esistono poi molti produttori di diffusori che si occupino di mettere assieme ciò che occorre per l’amplificazione. La soluzione in genere è quella di acquistare i componenti presso terzi parti. In linea di principio non sembrerebbe esserci nulla di sbagliato, anche se gli elementi che vanno a formare la sezione di amplificazione non sono propriamente esclusivi dello specifico progetto.

In sostanza non essendoci progettazione dedicata è difficile che il risultato possa essere davvero ottimale. Inoltre i diffusori attivi soffrono in termini di valore dell’oggetto in se dato che l’elettronica dedicata è ovviamente all’interno e non è possibile sostituirla con un progetto più performante, rischiando di deprezzarsi velocemente.

altoparlanti attivi
Dali Callisto 6C, sistema wireless bello da vedere, meraviglioso da ascoltare, il problema qui è il prezzo

A voler guardare l’aspetto squisitamente economico l’opzione dei diffusori attivi resta quella più interessante in quanto composta da più amplificatori di potenza – un semplice altoparlante a due vie ha ancora bisogno di quattro amplificatori di potenza mono – mentre un set passivo si accontenta di un singolo amplificatore stereo per far funzionare i quattro driver.

In ultima istanza la progettazione di amplificazione attiva impedisce di intervenire con qualsiasi tipo di aggiornamento strutturale, l’amplificatore esterno lo cambi con un altro ma se i diffusori sono attivi sono proprio quelli a dover essere cambiati. È una filosofia che va accettata da subito, dopo non si può cambiare idea a meno di non rivoluzionare da zero l’intero impianto. E poi i set attivi possono al massimo essere mediamente costosi, ma mai quanto una catena squisitamente analogica che può raggiungere anche cifre da capogiro.

altoparlanti attivi
Mackie CR4, sistema con alimentazione dedicata

Attivo o alimentato?

Mentre tutti gli altoparlanti attivi sono da considerarsi alimentati, non tutti gli altoparlanti alimentati possono venire definiti attivi. Un diffusore alimentato ha il medesimo percorso del segnale in una configurazione passiva, la differenza sta nel fatto che l’amplificazione (spesso sia pre che amplificatore di potenza) è nascosta in uno dei cabinet dei diffusori stessi. Sarà necessario anche un un collegamento via cavo tra l’altoparlante principale (che ha l’amplificazione) e il partner slave (passivo). I modelli più economici alimentati tendono a utilizzare tale configurazione. Un tale approccio offre in parte la pulizia dei collegamenti e del funzionamento ma pochi dei vantaggi tecnici dei veri diffusori attivi.

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