Da parecchio tempo si assiste ad un ritorno al passato, sia dal punto di vista tecnologico che da quello eminentemente pratico legato a dotazioni più ricche implementate nelle apparecchiature Hi-Fi.
In altri termini il passato si riaffaccia sottolineando quanto il tempo trascorso non abbia apportato innovazioni epocali – almeno non più di tanto – o tali da far gridare al miracolo.
Appare anzi singolare che ciclicamente, qualcosa che pareva superato, sembra riproporsi dimostrandosi quanto mai affidabile.
Un esempio per tutti: valvole e transistor, argomento che da sempre determina infinite discussioni, secondo solo all’eterna diatriba analogico/digitale.
È così che i frontali degli amplificatori hanno ripreso vita, ed abbandonate le livree ultra semplici ed fin troppo lineari, ci si è finalmente riappropriati di molti dei controlli che nel tempo erano scomparsi.
Ragione per la quale è ora possibile gestire meglio l’assetto sonoro del proprio sistema ad alta fedeltà nel tentativo – più che giusto – di adeguarlo ai propri gusti e/o preferenze.
Dal punto di vista delle sorgenti – soprattutto di quelle digitali – è innegabile che passi in avanti ne sono stati fatti parecchi, seppure alla fine ciò che vantava una prestazione eccellente un tempo – come il lettore Marantz SA-7001 – lo faccia ancora oggi, senza alcun problema.
Giradischi di pregio dotati di bracci che in certi casi sono davvero un capolavoro di ingegneria meccanica, equipaggiati con fonorivelatori di eccezionali prestazioni sono immancabilmente ancora tra noi, e la sola idea che possano essere minacciati da moderni esemplari appare quanto meno quasi illogica.
Tutto ciò al netto della prestazione determinata dal software, che se di bassa qualità non può certo essere riprodotto in modo da esaltare l’eccellenza della cinematica.
Idem dicasi per certi diffusori, le cui prestazioni – indubitabilmente eccellenti all’epoca – continuano imperterrite a dare ampia soddisfazione all’ascolto.
È forse vero che è già stato fatto tutto ciò che era possibile? Certamente molto è stato scritto nella storia dell’alta fedeltà, prova ne sia che determinati esponenti sono ancora tra noi e non sembrano temere minaccia alcuna.
Tra le sorgenti digitali di notevole prestazione e rapporto Q/P ben più che elevato possiamo certamente annoverare il lettore digitale cui è dedicato questo articolo.
Senza affondare le mani nel passato più lontano – il Marantz SA-7001 in esame risale circa al 2005 – è possibile individuare alcuni esponenti del settore che, pur non costando uno sproposito, vantavano e vantano tutt’ora prestazioni che eccedono il prezzo richiesto per l’acquisto.
Il Marantz SA-7001 – pur non essendo definibile vintage in senso assoluto – aveva un prezzo di listino di circa 700 euro, motivo per il quale era reperibile al netto della scontistica a circa 550/600 euro, una cifra non certo esosa per un lettore di qualità.
Tra l’altro, alla sua uscita ci fu un notevole fermento, non fosse altro per le prestazioni esibite – addirittura paragonate al più costoso SA-11, che all’epoca era a ridosso del modello di punta del catalogo del costruttore – un aspetto che gli fece assumere immediata fama di lettore ben suonante il cui acquisto era in concreto un vero e proprio affare.
I test dell’epoca ne confermano senza remore la validità sonora – basta cercare sul web per leggere in abbondanza circa questa eccellente macchina – tanto da renderlo ancora oggi piuttosto appetibile.
Per questa ragione abbiamo pensato a questo articolo, proprio per segnalare quanto un modello che pure ha qualche anno sulle spalle – ed a fronte di una tecnologia che pur evoluta non sempre appare idonea nei confronti della prestazione sonora – possa soddisfare le velleità di miglioramento da sempre obiettivo principale di ogni appassionato di Hi-Fi.
Costruito in modo esemplare e sobriamente equipaggiato, la dotazione dal punto di vista del DAC prevede un CIRRUS LOGIC CS-4397, convertitore che ad oggi è ancora ampiamente in grado di dire la sua stante le notevoli caratteristiche qualitative e prestazionali.
Ovviamente – direi inevitabilmente – gli stadi d’uscita sono realizzati a partire dai celeberrimi HDAM (acronimo di Hyper Dynamic Amplifier Module) un circuito proprietario che Marantz utilizza da tempo immemore sui propri prodotti.
Ed infatti, sembra proprio che le notevoli qualità espresse da questo lettore, siano direttamente collegate all’utilizzo di questi stadi di uscita completamente a componenti discreti, preferiti ai comuni operazionali generalmente usati.
Chi segue da tempo il settore sa bene che gli stadi d’uscita rappresentano il collo di bottiglia di un lettore digitale, ragione per cui l’utilizzo di una circuitazione di pregio non può che contribuire ad innalzare le prestazioni sonore.
Anche per questo in alcuni esemplari si fa addirittura uso di valvole, proprio per conferire calore ad una riproduzione che si ritiene essere più fredda dell’analogico, anche se personalmente eviterei inopportune generalizzazioni.
Sia come sia, questo lettore non presenta di certo caratteristiche spigolose, anzi, l’assetto sonoro è ben strutturato – intendendo con ciò che l’equilibrio tra le varie gamme è efficacemente calibrato – con una lieve punta di calore, qualcosa che certamente non guasta.
Anche la gamma bassa, solitamente non troppo veemente negli esemplari di costo abbordabile, si presenta ben corposa e piena, senza comunque risultare ridondante o inopportunamente gonfia.
Bello il medio, tipicamente Marantz in questo caso, ricco e pieno tanto da caratterizzare voci maschili e femminili in modo estremamente piacevole; acuti presenti ma gentili, assolutamente mai fuori luogo ma sempre pronti a rifinire la parte alta dello spettro sonoro.
Insomma, prestazioni in concreto di qualità, tanto da rendere questo modello alquanto appetibile ancora oggi.
Considerando le quotazioni dell’epoca, un esemplare in normali condizioni d’uso – al quale si spera segua un altrettanto adeguato aspetto estetico – potrebbe essere rintracciato a circa 250 euro, un prezzo certamente praticabile che consente di dotarsi di un ottimo lettore.
Oltre alla versione liscia, era suo tempo disponibile anche la versione KIS (Ken Ishiwata Signature) alternativa che prevedeva un trasformatore toroidale al posto di quello a lamierini e componentistica ulteriormente selezionata negli stadi maggiormente critici del circuito; costava circa 1000 euro rispetto al modello base, fatevi due conti in proporzione ma senza cadere nella trappola dell’esclusività decantata da qualche furbo che richiede cifre esagerate.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
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