La qualità dei DAC e delle cuffie, la comodità, la praticità e la diffusione sempre più capillare di musica liquida in alta risoluzione mi hanno convinto: scelgo l’audio in portabilità
Se è vero che con l’avvento dei walkman negli anni ’80 ascoltare musica in movimento è diventato un fenomeno di massa (e che dire delle pesantissime Boombox a cassette?), quando si parla di audio portatile e Hi-Fi le cose cambiano radicalmente. Ascoltare musica in portabilità con una qualità pari o addirittura superiore a quella che si avrebbe da un tipico impianto hi-fi domestico è infatti qualcosa di molto più recente, che va a coincidere con il progresso costante nella qualità delle cuffie e dei DAC e con una disponibilità ormai vastissima (e impensabile fino a pochi anni fa) di musica liquida in alta risoluzione sia da ascoltare in streaming, sia da godersi offline scaricandola da siti e piattaforme specializzate.
Il binomio DAC+cuffie, utilizzando come sorgente audio un laptop, un tablet o uno smartphone, è sempre più gettonato anche da molti audiofili sia per un puro discorso di qualità, sia per l’estrema comodità e immediatezza che un simile setup si porta dietro. Non ne stiamo facendo un discorso relativo al wireless (i codec Bluetooth attuali non sono infatti ancora del tutto lossless), quanto più all’intimità dell’esperienza di ascolto in cuffia e al fatto che alcune “preoccupazioni” tipiche di un impianto hi-fi tradizionale possono diventare solo un lontano ricordo.
Parliamo soprattutto dell’ambiente di ascolto, ovvero della stanza dove abbiamo sistemato il nostro sistema hi-fi. La composizione di una stanza influenza enormemente le prestazioni di un sistema ad alta fedeltà tra dimensioni, tipo e disposizione dell’arredamento e materiali di pareti, soffitto e pavimento. Tutti questi fattori, uniti alla corretta distanza di ascolto e al posizionamento ottimale di un eventuale subwoofer, influiscono enormemente sul modo in cui il suono si comporta nell’ambiente e su quali frequenze vengono assorbite e riflesse.
Certo, tecnologie di correzione audio sempre più avanzate come quelle di Dirac aiutano a rendere gli spazi sonori più neutri, ma anche queste soluzioni (come capita anche per i DSP) introducono spesso altri problemi, come l’impatto sull’integrità ritmica delle prestazioni di un sistema. Tutti questi “grattacapi”, che diventano ancora più significativi per i neofiti e per chi non ha alcun know-how sul tema insonorizzazione, possono essere facilmente evitati con un setup portatile sorgente-DAC-cuffia.
Che, intendiamoci bene, può essere affiancato benissimo da un tradizionale sistema sorgente+ampli+diffusori e non per forza deve essere votato alla portabilità (si può benissimo ascoltare musica in cuffia seduti in poltrona di fronte al proprio sistema sistema hi-fi), ma in molti casi proprio il fattore portabilità rappresenta un plus non indifferente. Almeno nel mio caso, tra la necessità di condividere gli spazi domestici (compreso il salotto con l’impianto hi-fi) con i miei familiari nei duri mesi del lockdown, l’abbonamento ad Apple Music (e al suo ingente catalogo di brani in alta risoluzione) e la comodità di ascoltare musica a letto o in un’altra stanza quando magari i figli monopolizzano il salotto, mi sono definitivamente convertito all’ascolto in portabilità.
E l’ho fatto spendendo sicuramente una bella cifra ma non pentendomene assolutamente, conscio che per ottenere la stessa esperienza con un setup più tradizionale avrei forse speso persino di più per poi rinunciare a un fattore per me fondamentale come la comodità. Alla fine ho quasi deciso di mettere in vendita i componenti separati del mio vecchio impianto perché tanto non lo userei più come in passato (devo però ancora pensarci un po’). Nell’ultimo anno lo avrò usato sì e no cinque volte, mentre le ore di ascolto giornaliere sono ormai affidate al trittico MacBook Air (versione M1), DAC Chord Hugo 2 e cuffie Grado GS1000e (adoro le cuffie aperte!).
Alla fine me la sono cavata con meno di 4000 euro, ma si può certo spendere di meno (il Chord Hugo 2 è sempre stato il mio “sogno proibito”) e in ogni caso una sorgente come il MacBook Air, che ogni tanto alterno con un iPhone 13 Pro Max, serve per mille altre cose e non lo uso certo solo per la musica. Tra l’altro, per l’ascolto in cuffia, lo Hugo 2 permette di utilizzare la funzione crossfeed, con la quale il sistema invia dal canale destro al sinistro e viceversa un suono opportunamente trattato e ritardato di 400 millisecondi. L’effetto simula l’ascolto con diffusori posizionati a distanza ed è frutto di avanzate ricerche sull’ascolto binaurale.
È una tecnologia che funziona molto bene, ma che non riesce del tutto a restituire la spazialità stereofonica di un classico setup ampli+diffusori, che però rimane anche l’unica cosa che mi manca dell’ascolto senza cuffie. Ho iniziato anche a giochicchiare con Audirvana e alcuni file DSD, ma per ora Apple Music basta e avanza (ho smesso con l’abbonamento a Tidal in quanto la combinazione Hugo 2 -MQA non mi ha impressionato) e, a parte la minor ampiezza del soundstage (inevitabile quando si ascolta in cuffia), non ho rimpianto per un solo minuto il sistema hi-fi in salotto.
Il mio vero sogno si realizzerà completamente quando potrò dire addio alle cuffie con il cavo e buttarmi completamente sul wireless. Per adesso, come già detto prima, anche i codec Bluetooth più avanzati (LDAC e aptX HD) non mi convincono appieno e lo stesso Bluetooth Lossless che esordirà quest’anno non andrà altre la qualità CD. La sensazione è che tra un po’ si dovrà andare addirittura oltre il Bluetooth per assicurare una vera esperienza hi-res wireless e, quando ciò succederà, sarò sicuramente in prima linea come “cavia sonora” da laboratorio. Per ora comunque non posso davvero lamentarmi. L’audio in portabilità non è mai stato così esaltante come in questo periodo.
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