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Stili d’ascolto: perché l’Alta Fedeltà non ha più senso (apparentemente)

Inutile negarlo, basta guardarsi intorno per comprendere come in un simile contesto social-musicale il concetto di Alta Fedeltà abbia perso il suo originale significato. La colpa è usualmente addossata ai giovani che non sembrano interessati: è davvero così? Oppure c’è dell’altro?

Da moltissimo tempo – fate caso con quanta rapidità esso trascorre, altro che tempus fugit – l’indagine che tenta di comprendere perché ai giovani non interessi l’Alta Fedeltà è praticamente ad un punto fermo, non fosse altro per la totale assenza del minimo interesse da parte della maggioranza.

Le risposte sono sempre le stesse: non lo trovo pratico, non ho tempo (!), non ho una cultura tale da comprendere la differenza (!!), preferisco il Bluetooth (!!!) e via dicendo, risposte che per dati versi non creano eccessiva sorpresa; per molti il mondo è diventato un mordi e fuggi quasi esasperato, una specie di carpe diem compulsivo che non lascia la minima traccia, totalmente privo di impegno mentale e senso critico.

Un diffusore BT, per molti vero e proprio impianto audio

 

Mi vengono in mente certe recensioni di ristoranti davvero pessimi spacciati per la quintessenza della gastronomia – ma anche l’esatto contrario, laddove non si riesca a riconoscere la qualità, quella vera – scritti scaturiti da un’inquietante assenza di cultura gastronomica che porta a giudizi che definire fallaci rende solo una pallida idea.


Ora, per pura curiosità mi sono divertito ad intervistare un certo numero di ragazzi al fine di inquadrare come e quando ascoltano, indagine che si è rivelata parecchio interessante, e sebbene ovviamente non sia rappresentativa del 100% della beata gioventù – non potrebbe essere diversamente – in un certo senso è assai emblematica dello stato de facto.

Le domande poste sono state poche ma estremamente rivelatrici: ho semplicemente indagato con quale mezzo venisse normalmente condotto l’ascolto, se vi fosse la presenza di un sistema ad Alta fedeltà in casa propria o in quella dei nonni, se avessero mai ascoltato un sistema audio di qualità e quale fosse il genere musicale preferito.

Anche in questo caso, non certo in modo del tutto inatteso, le risposte sono quasi sovrapponibili: cuffia + smartphone appare essere il “sistema audio” preferito mentre per quanto attiene alla presenza di un sistema stereo in casa o altrove, la pratica maggioranza ha negato ve ne sia uno; circa il genere ascoltato si può affermare che il Rap, la Trap e qualche sporadica incursione nel Rock o nel Metal siano quelli maggiormente frequentati, anche se non manca qualcuno (soprattutto le ragazze) dedito ai neomelodici.

A tal punto la domanda sorge spontanea poiché dati i generi citati – spesso coadiuvati dall’ormai onnipresente Auto-Tune a sostenere le prodezze vocali dei fenomeni musicali del momento tanto da aver dato vita un vero e proprio genere – quale potrebbe essere il motivo in base al quale ci si dovrebbe equipaggiare di un performante sistema ad Alta Fedeltà?

Per correttezza però, proprio per non lasciare nulla all’immaginazione, ho rimediato qualche file adatto a condurre un ascolto – ho più sentito di cosa si tratta piuttosto che ascoltato in modo critico, un po’ come guardare ed osservare, non esattamente sinonimi – e se devo dirla tutta, ahimè, proprio non trovo nulla che giustifichi un investimento che ecceda quello necessario per l’acquisto di una cassa BT.

Nessuna delle caratteristiche tanto care agli appassionati è minimamente presente in queste produzioni: timbrica strumentale, profondità, ampiezza e altezza della scena sonora, differenziazione dei piani sonori, presenza dell’esecutore, virtuosismo dei musicisti e via discorrendo.

D’altronde la cosa non desta eccessiva meraviglia: timbricamente parlando non è possibile avere un riferimento in quanto per la maggior parte si tratta di suoni sintetici generati da un software, il palcoscenico virtuale è letteralmente creato in fase di missaggio mentre i musicisti esistono solo sulla carta piuttosto che nella realtà fisica, virtuosismo non pervenuto.

Pensare che c’è ancora chi si ostina a suonare veri strumenti….

Determinate gestualità poi – legate al dover fisicamente scegliere/prendere un disco dalla propria collezione per disporlo sul piatto del giradischi o nel cassettino del lettore digitale – sono praticamente scomparse fagocitate dalla cruda praticità che impone ascolti compulsivi fatti di rapidi e continui salti di traccia, nulla a che vedere con la classica liturgia dell’ascolto in stereofonia che vuole l’ascoltatore seduto al centro tra i due diffusori.

A tal punto, è forse vero che lo spazio per la cara vecchia (?) Alta Fedeltà ha da tempo iniziato ad essere sempre più scarso, d’altronde, considerato l’attuale approccio alla musica, a cosa servirebbe investire denaro in raffinate elettroniche?

Si conferma quindi che il problema è fondamentalmente culturale, laddove nessuno trasmetta non dico la passione ma almeno un interesse per la riproduzione di qualità della musica – qualcosa che al momento sembra ampiamente dimenticato – è chiaro che la sorgente è destinata inevitabilmente a prosciugarsi.

Come al solito, per chi resiste, ottimi ascolti!!!

 

 

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