La prima legge dell’UE sulle AI mira al rispetto dei diritti dei cittadini, ma i dubbi restano
Si chiama AI Act, ed è ufficialmente la prima legge europea sull’intelligenza artificiale. Si sa, ormai quest’ultima sta entrando a far parte sempre di più del nostro mondo, e per tal motivo il suo uso deve essere regolamentato. L’accordo è stato raggiunto in seguito ad un negoziato durato oltre 36 ore. L’obiettivo è garantire che l’IA venga utilizzata rispettando però i diritti fondamentali. Ai cittadini che ritengano di aver subito una violazione, sarà concesso il diritto di presentare reclami e ricevere chiarimenti sulle decisioni prese dalle AI in merito al trattamento dei loro dati.
Particolare attenzione è stata attribuita alle IA generative, quali chatGPT. Esse sono in grado di generare contenuti su richiesta degli utenti. Senza una apposita legge, però, il loro utilizzo può sfociare nella creazione di contenuti illegali. Per questo, le IA dovranno: rivelare che il contenuto creato è stato generato dall’intelligenza artificiale, essere progettate per evitare che generino contenuti vietati e pubblicare sintesi dei dati protetti da copyright utilizzati per l’addestramento.
A far da “controllore”, sarà la ENISA, l’Agenzia europea per la sicurezza cibernetica. Le violazioni delle norme potranno inoltre comportare delle multe fino a 35 milioni di euro o il 7% del fatturato globale dell’azienda coinvolta.
DUBBI SULLE VERIFICHE DELLE VIOLAZIONI
Restano però dei dubbi dettati dalla natura complessa dell’intelligenza artificiale. Nel caso di una violazione, come sarà possibile dimostrarla?Ad esempio, tra i comportamenti vietati è presente la raccolta non mirata di immagini del volto da Internet o da filmati di telecamere a circuito chiuso per la creazione di un database di riconoscimento facciale. Oppure il riconoscimento di emozioni in scuole e posti di lavoro.
Quali strumenti avranno a disposizione i cittadini per poter effettivamente dimostrare di aver subito una violazione di privacy dalle AI? Ma soprattutto, come potrebbe fare un cittadino, soprattutto poco esperto, ad identificare una violazione? Oltre alle leggi, quindi, forse sarebbe necessario dare agli utenti gli strumenti per riconoscere un mancato rispetto dei propri diritti.
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