Nonostante i dieci anni trascorsi dal primo visore VR di Oculus, la realtà virtuale continua a essere un fenomeno di nicchia e le ultime notizie provenienti da Meta non lasciano intravedere nulla di positivo
Sono passate solo due settimane dall’uscita di PlayStation VR2 e non si hanno ancora notizie su quanto stia vendendo il nuovo visore VR di Sony. La sensazione però è che, a parte i primi giorni dopo l’uscita, l’hype si stia già ridimensionando parecchio, anche a causa di pochi giochi di grande richiamo (a parte Horizon Call of the Mountain e la versione VR di Gran Turismo 7) e di un parco installato di PlayStation 5 ancora limitato, almeno rispetto a quello di PlayStation 4 nel 2016, quando Sony portò sul mercato il suo primo visore VR.
Attendiamo comunque qualcosa di più concreto per capire se PSVR2 sarà un successo o meno, ma intanto Meta, che sulla realtà virtuale e sul Metaverso ha investito tantissimo per poi ritrovarsi con 24 miliardi di dollari di perdite negli ultimi due anni, sembra sempre più intenzionata a retrocedere sulla VR. Non solo Mark Zuckerberg si prepara ad annunciare altri licenziamenti dopo quelli già corposi dello scorso novembre (che andranno a colpire anche e soprattutto Reality Labs, la divisione responsabile dei progetti per il Metaverso), ma nei giorni scorsi Meta ha abbassato (e non di poco) i prezzi dei suoi visori VR della gamma Quest.
Il Quest Pro, nemmeno a cinque mesi dall’uscita, passa addirittura da 1500 a 1000 dollari, anche se per ora il taglio di questo modello riguarda solo gli USA (da noi costa ancora 1799 euro), mentre in Europa il Quest 2 da 256 GB (la versione più costosa) è sceso da 549,99 a 479,99 euro, dopo che la scorsa estate Meta ne aveva aumentato il prezzo (la versione da 128 GB è rimasta invece a 449 euro, senza alcuna riduzione di prezzo).
Segnali (quasi) inequivocabili di come anche un colosso come Meta, nonostante gli enormi investimenti nella realtà virtuale, continui a faticare a proporre questi dispositivi a un’utenza che non sia solo quella dei super appassionati di videogiochi o di qualche curioso interessato a immergersi nel Metaverso.
Forse il taglio di prezzi è stato fatto anche in riposta all’uscita di PlayStation VR2, ma resta il fatto che i modelli della gamma Quest (i visori VR più venduti di sempre) non sono ancora riusciti a conquistare il “grande pubblico”, nonostante plus innegabili come l’assenza di cavi, prezzi non esagerati, la possibilità di collegamento a un PC e un parco titoli di tutto rispetto.
Torniamo comunque sempre al solito discorso. I limiti della realtà virtuale odierna in chiave “universale” continuano a essere sempre gli stessi. Visori ancora troppo ingombranti e fisicamente impegnativi (ci vorrebbero dei comunissimi occhiali pratici e leggeri), prezzo di ingresso comunque significativo (soprattutto per un’accoppiata come quella PSVR2-PlayStation 5), difficoltà dei produttori nel comunicare in maniera efficace a livello di marketing l’effetto della realtà virtuale (la si deve per forza provare di persona), insorgere di fastidi fisici come la cinetosi e il fatto che, volenti o nolenti, non a tutti piaccia isolarsi completamente dalla realtà non solo per giocare ma anche per lavorare e fare esperienze di qualsiasi tipo (fine ultimo del Metaverso).
Insomma, a meno di un’improbabile quanto clamoroso exploit di PlayStation VR2 (lo stesso visore Apple di cui si parla da anni costerà molto e sarà orientato alla realtà mista), per ora la realtà virtuale non sembra destinata a diventare un fenomeno di massa (lo sarà mai?), nonostante siano passati ormai sette anni dall’uscita del primo Oculus Rift “consumer” e dieci anni dall’Oculus Rift DK1. Molti tireranno comunque un sospiro di sollievo. Vedere un’umanità come quella immaginata da Ernest Cline in Ready Player One non è in effetti uno scenario idilliaco.
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