Abbiamo testato l’alta risoluzione e lo Spatial Audio su Apple Music, ricevendo ottime impressioni dalla prima e sensazioni meno positive dal secondo
Con il recente aggiornamento ad iOS 14.6, Apple ha finalmente introdotto in Apple Music (e senza alcun aumento di prezzo sull’abbonamento mensile) il supporto all’audio in alta risoluzione e al Dolby Atmos, che l’azienda di Cupertino ha ribattezzato Spatial Audio. Un’occasione troppo ghiotta per non approfittarne e così abbiamo testato per qualche ora queste due novità su un iPhone 11 Pro Max, alternando un paio di AirPods Pro alle sempre fidate Grado SR225, cuffie cablate con design aperto che abbiamo collegato all’iPhone tramite l’adattatore Lightning-jack da 3,5mm.
Come avevamo già precisato nello speciale precedente, lo streaming audio dei brani in Spatial Audio può essere sfruttato da qualsiasi cuffia-auricolari cablata o Bluetooth (e quindi anche dagli AirPods Pro), ma il discorso cambia per l’audio ad alta risoluzione. Tramite Bluetooth infatti non è possibile sfruttare l’audio hi-res, che può essere sfruttato solo da cuffie o auricolari cablati ma fino ai 24-bit/48 kHz.
Sopra i 48 kHz (diversi brani sono offerti a 96 o 192 kHz), anche avendo delle cuffie cablate e se si vuole appunto la massima qualità possibile, bisogna ricorrere a un DAC esterno che supporti queste frequenze. Noi abbiamo usato un iFi Hip-dac per sfruttare la massima qualità possibile, ma il mercato è pieno zeppo di modelli per tutte le tasche. A tal proposito, anche se non vi interessa particolarmente ascoltare musica oltre i 48kHz, un DAC esterno portatile di buona qualità è sempre consigliabile per un ascolto da smartphone, almeno che non abbiate un telefono top di gamma con un DAC integrato già eccellente come il Samsung Galaxy S21 Ultra o un modello spiccatamente “audiofilo” e con jack da 3,5mm come l’LG V60 ThinQ.
Prima di passare all’ascolto vero e proprio delle due nuove funzioni di Apple Music, siamo andati nelle Impostazioni dell’iPhone, quindi nella sezione Musica e abbiamo attivato la voce Audio Lossless, che si è aggiunta con l’aggiornamento ad iOS 14.6. Qui è possibile scegliere quale formato audio riprodurre a seconda se siamo su rete cellulare, Wi-Fi o se vogliamo eseguire il download in locale dei brani. La scelta può essere fatta tra Efficienza elevata (la qualità più bassa), Alta qualità (AAC a 256 kbps), Lossless (ALAC fino a 24-bit/48 kHz) e High Resolution Lossless (ALAC fino a 24-bit/192 kHz). In quest’ultimo caso un brano di 3 minuti arriva a pesare circa 145 MB e quindi, se siete soliti ascoltare Apple Music anche sotto 4G o 5G, tenetene conto.
L’altra voce da controllare nella sezione Musica delle Impostazioni è quella relativa al Dolby Atmos. Qui possiamo scegliere tra Automatico, opzione che abilita automaticamente lo Spatial Audio per i brani che lo supportano quando si utilizzano auricolari/cuffie Apple o Beats, e Sempre attivo, che invece va abilitato se utilizzare cuffie e/o auricolari non Apple. Infine, possiamo scegliere se disabilitare completamente lo Spatial Audio nel caso l’effetto non sia gradito.
Ora è il momento di andare nel’app Musica e di iniziare ad ascoltare un po’ di canzoni. Come prima cosa testiamo qualche canzone in modalità Lossless e High Resolution Lossless, ricevendo un’ottima impressione sia con brani più datati (Let It Roll degli UFO), sia con le produzioni più recenti alla massima qualità possibile come l’album Golden Hour di Kacey Musgraves, contrassegnato anche dall’icona Apple Digital Master che indica un master a 24 bit e almeno 96 kHz, a cui è stata applicata una conversione di qualità in AAC.
Quasi inesistenti le differenze dello stesso album ascoltato su Tidal (MQA a 96 kHz) e su Qobuz (FLAC a 24-bit/96 kHz) e, in generale, l’offerta lossless e hi-res di Apple Music ci è parsa in linea con le aspettative e con le piattaforme concorrenti (non abbiamo però potuto fare il confronto con Amazon Music HD). L’unica cosa che abbiamo notato è che al momento gli album in High Resolution Lossless sono ancora pochi, ma è anche logico che alla partenza di un nuovo servizio non si abbiamo a disposizione grandi numeri.
Diverso invece il discorso del Dolby Atmos/Spatial Audio, per il quale abbiamo preferito l’esperienza di ascolto con gli AirPods Pro rispetto alle Grado. Apple sta puntando molto su questa novità e infatti l’interfaccia di Apple Music è piena zeppa di rimandi all’Audio Spaziale tra playlist, brani singoli, album e divisione per generi. Dobbiamo ammettere però che questo nuovo formato non ci ha convinti granché.
Se infatti in alcuni casi si possono percepire più facilmente degli elementi di contorno che nella versione tradizionale erano appena percepibili (le voci in background in Stargirl Interlude dei The Weeknd), così come un fronte più aperto e arioso (Drive dei REM), in molte altre occasioni lo Spatial Audio tende ad aggiungere troppo ambiente e a rendere la musica fin troppo evanescente e meno “focalizzata”, come dimostrano ad esempio due tra i brani consigliati da Apple (Black Skinhead di Kanye West e Born This Way di Lady Gaga), dove l’effetto surround tende più a confondere che non a regalare un’esperienza di ascolto solida.
Per accorgersi della differenza tra Spatial Audio attivo e non, basta cambiare al volo l’impostazione nelle opzioni di Musica. In alcuni casi l’aggiunta del Dolby Atmos non porta quasi nulla (si senta certa musica classica come i Notturni di Chopin), in altri casi (Centro di gravità permanente) il Dolby Atmos allarga la spazialità a scapito però dell’impatto (i bassi diventano striminziti) e della centralità della voce. A essere sinceri in pochissimi casi (Therefore I Am di Billie Elish e soprattutto What’s Going On di Marvin Gaye)) abbiamo apprezzato più la versione in Dolby Atmos che quella tradizionale e la stessa cosa ci era capitata con la prova del 360 Reality Audio di Sony.
Magari è solo una questione di abitudine e dobbiamo solo tarare le nostre orecchie a questo effetto, ma sinceramente ci aspettavamo molto di più da questa novità di Apple e l’impressione è che, per apprezzare davvero il Dolby Atmos a livello strettamente musicale, dovrebbe esserci un lavoro certosino in studio già in fase di produzione e di mixing, o un’attenzione maggiore nella conversione, come dimostra l’ottimo lavoro fatto con il classico di Marvin Gaye. Per ora insomma meglio l’audio hi-res che non quello “spaziale”, ma resta il fatto che con queste due novità Apple Music è diventato un servizio ancora più attraente e al passo con i tempi… vero, Spotify?
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