Editoriali Musica Notizie

ARGENTO, ORO, PLATINO: DISTORTI VALORI DI UN EPOCA

Molti anni fa, quando la musica era ancora considerata in maniera adeguata, ovvero in base al concreto talento dell’artista, la preziosa certificazione correlata ai nobili metalli citati era direttamente connessa alle vendite dei dischi, qualcosa di oggettivo quindi, in mancanza della quale non c’era alcun verso di emergere nello show business.

Un tempo era quindi necessario aver effettivamente venduto un cospicuo numero di copie del proprio lavoro – in alcuni casi numerosissime – per vedere certificato il frutto del proprio impegno.

Potete verificare voi stessi i criteri attualmente adottati – scoprendo contestualmente l’evoluzione nel tempo del predetto sistema di certificazione – presso questo link.

Da parecchi anni, invece, si è affermata la becera tendenza del download, nuovo indicatore del successo di un artista – abusato termine oramai utilizzato letteralmente “ad cazzum” come talvolta solevano affermare i padri latini – circostanza che in questo nuovo sistema sottende all’immenso successo del BIG di turno, basta osservare l’enfasi con la quale sono sovente introdotti molti perfetti sconosciuti.


Chiaramente, sconosciuti alla massa che non si informa circa l’esistenza di questi fenomeni, soggetti che parallelamente a coloro che realmente dotati di talento creano ottime produzioni, scorrazzano allegramente nel mondo della musica a suon di ritmi praticamente identici – spesso anche lontani dalla nostra identità culturale come il reggaeton o certe ritmiche tipicamente orientali – accompagnati da testi spesso vacui e privi del minimo valore fondante.

Palesi ammiccamenti al sesso, al denaro, droghe varie e nemmeno più il caro vecchio rock & roll – il mitico Ian Dury si rivolterà nella tomba – ormai sostituito da chiari richiami a vite spericolate e brucianti prima che il tempo a disposizione finisca; ma quanto soffrono ‘sti ragazzi?

Per carità, qualunque età ha le sue criticità, ma la percezione che vi siano frotte di adolescenti la cui vita pare costellata da quella sorta di mal du siecle caratteristico del 19° secolo è letteralmente inquietante, soprattutto considerando gli odierni agi nei quali mediamente giacciono.

Charles Baudelaire: uno dei padri della “sofferenza” dell’animo

 

Non ci si fa troppa meraviglia ovviamente, stante l’attuale assetto pensante della media degli individui, presi come sono da tentazioni, isole, peccaminosi misteri dell’infedeltà altrui, morbosi richiami criminali e tanto altro.

A questo contribuiscono non poco le bizzarre classifiche che definiscono “la migliore chitarrista” degli ultimi vent’anni Taylor Swift, oppure assegnano la palma di migliore bassista del rock a Victoria De Angelis degli amatissimi/odiatissimi Måneskin.

Non possono essere che provocazioni – altro che clickbaiting – golose esche alle quali abboccano in ogni caso i numerosi pesci che sguazzano nel sempre più inquinato mare sociale, quello che vede riunite ogni sorta di specie vivente e (mal)pensante quanto mai pronta ad inveire sul malcapitato di turno, che per certi versi potrebbe non avere nemmeno colpa: se il sistema funziona così cosa volete da me?

D’altro canto, a puro titolo d’esempio, se vi raddoppiassero lo stipendio dimezzandovi l’attività lavorativa voi cosa fareste?

Stimoli che in ogni caso funzionano, e pure bene, almeno a giudicare dalle infinite schermaglie tra chi dà ragione al creatore del post e chi invece difende a spada tratta “l’artista” inopinatamente tirato in ballo, senza dimenticare la recente guerriglia tra Boomers e Generation Z.

In tutto ciò, ha comunque ragione chi sostiene che il mondo è cambiato, soprattutto in merito a valori e riferimenti, quelli che nel bene e nel male rappresentavano un indicatore di qualità ma almeno fornivano una sorta di solida barriera da superare per accaparrarsi l’agognato traguardo.

E quindi ecco che il numero dei download ha sostituito quello delle vendite; d’altronde se un elevato numero di individui scaricano la tua musica significa che l’ascoltano, gratis magari ma ascoltano, non fa una piega.

Ed il problema, almeno in parte, è proprio questo, ovvero la gratuità di certe fruizioni, soprattutto dei contenuti musicali che pur essendo low quality – non sempre ovviamente, ma quando è gratuito non è che si possa pretendere che siano pure HiRes – stanno comunque più che bene al tipo che vive h24 di cuffietta, cellulare o diffusore Bluetooth.

E ce ne sono, sono davvero tanti coloro che ascoltano in streaming musica tutto il giorno, inframmezzata da pubblicità varia – almeno quella occorre sopportarla, però che impertinenti! – ma in fin dei conti priva di costi, se vi pare poco.

Il guaio è che questo stato di fatto ha portato anche al comune disinteresse per il nostro settore – già di suo asfittico e bisognoso di un ricambio generazionale, sebbene oramai ridotto ad un ingannevole miraggio – ma d’altra parte, a cosa servirebbe un impianto Hi-Fi serio per determinata musica?

Come al solito, ottimi ascolti!!!

© 2024, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

Vuoi saperne di più? Di' la tua!

SCRIVICI


    MBEditore network

    Loading RSS Feed


     

     

     

     

     

    Pin It on Pinterest